L’unico posto caldo

Questo scritto risale a un paio di anni fa. Era maggio e faceva freddo. E in quel momento mi sentivo proprio così, come ho descritto. Ogni tanto mi ci sento ancora. 

Stamattina il mondo è freddo.
Quando mi sono alzato le nuvole scendevano fino a valle e oscuravano le montagne. E pioveva.
Ero certo fosse novembre, se il calendario non avesse insistito a dire che eravamo in maggio. Non so se fidarmi.
Più tardi in ufficio avrei controllato su Google. Google non mente mai. Naturalmente, l’intento si perde nei 66 chilometri di viaggio che mi separano dal lavoro.
Una cifra in meno del numero della bestia e poi potrei tranquillamente andare all’inferno. O forse ci sto già andando.
Tutte le religioni si immaginano l’inferno come un luogo caldo. Ma per me non è così.
L’inferno è un luogo grigio, grigio e freddo.
L’inferno è andare tutti i giorni in un posto senza sapere perchè. Sapendo solo che devi farlo.
L’inferno è sentirsi soli quando si è circondati da persone.
L’inferno è la mancanza di relazioni.
L’inferno è vedere, parlare, sfiorarsi tutti i giorni senza mai essere realmente toccati da nessuno.
Essere insieme ma separati.
Calpestare lo stesso suolo, soffrire gli stessi drammi, respirare la stessa aria.
E tuttavia rimanere soli.
Questo è l’inferno. Non entrare dentro nessuno. Nessuno che ti entra dentro.
L’inferno è freddo.
Come un letto a due piazze occupato da una persona sola.

Esco per andare a mangiare in questa grigia mattina di novembre. Che in realtà dovrebbe essere maggio, ma tanto non ci crede nessuno.
È freddo.
È solo fuori o anche dentro?
L’inferno ha vinto o la battaglia è ancora in corso?
Entro nella mia auto. Mi avvolge con il suo asfissiante tepore.
Quell’odore di chiuso, di polvere e terra, di briciole, di fazzoletti soffiati, di chilometri di asfalto calpestati, di scarpe sudate, di musica rock a palla, di pianti e carezze. Un intero mondo ruota attorno a quella sensazione di soffocante protezione.
Sembra la mamma. Mi sento bene nella mia piccola Modus.

Di tutto il Trentino, l’unico posto caldo.

7 Risposte a “L’unico posto caldo”

  1. Certi commenti mi spiazzano. Grazie è tutto quello che riesco a dire online (il resto dal vivo).

  2. Credo che tutti, almeno una volta, provino ciò che tu descrivi così lucidamente; ma che quasi nessuno osi ammetterlo per un senso di atavico pudore.
    Tu sei uno di quei pochi.

    Bel pezzo, Matteo, che ho davvero apprezzato.

  3. Grazie a entrambe!
    Penso che la solitudine sia un’esperienza piuttosto comune in fondo (e su questo blog ne ho parlato anche in altre occasioni).
    Per quanto riguarda il pudore, mi sono dato la regola, quando scrivo, di non censurare niente (o quasi). Credo sia stata una buona scelta.
    A rileggerci!

  4. Bellissimo, è sempre bello rileggerti… Se ogni tanto ripesco un tuo racconto ne rimango sempre sorpresa come se fosse la prima volta che lo leggo, come se non sapessi come va a finire… Incredibile no?

    Bravo Matty!

  5. Ma forse questo davvero non lo avevi mai letto. Oh, sì? Sai che non ricordo?
    Comunque sia, grazie del commento. E anche di farti stupire ancora dalle cose che scrivo…

  6. Si l’avevo letto. Per un esercizio del forum volevo scrivere una poesia a tema “inferno” e non avevo ispirazioni. Mi avevi fatto leggere questo per darmi un’idea… Ma mi veniva solo da copiare pari pari un pezzo del racconto quindi lasciai stare. XD

I commenti sono chiusi.

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