10 consigli su come sopravvivere alla prima settimana dopo il parto senza impazzire più del necessario

Scrivo questo articolo che sono al 12esimo giorno di vita di mia figlia.
Per quanto neo padre, posso pertanto ritenermi anch’io un’autorità in materia, ovvero su come sopravvivere alla prima settimana dopo il parto di nostra figlia.

Ecco quindi, su richiesta di un’amica, una lista NON esaustiva di dieci consigli che potranno evitarti la follia e mantenere la tua sanità mentale entro livelli accettabili.
Forse.

Prima di partire, lasciami dire tre cose.
Ogni gravidanza, ogni parto e ogni bambino sono così differenti che fare una lista di cose da fare o non fare è una scelta inutile in partenza.
L’unica scelta sensata è quella di fare una lista delle cose che io ho ritenuto importanti per la prima settimana di nostra figlia. Altrettanto, è una lista scritta da un uomo. Una donna potrebbe avere idee del tutto differenti.
La seconda: il livello di stronzaggine di questo articolo in alcuni punti sarà piuttosto elevato. Nessuno ha detto che sarebbe stato semplice.
La terza: qualsiasi cosa tu abbia letto o ti sia stata detta per affrontare meglio questa settimana cruciale, non ti servirà. Compresa questa lista. Ma tanto sappiamo già che arriverai fino in fondo lo stesso, no?
Ciò detto, partiamo!

  1. PREPARAZIONE
    Tutta la preparazione che puoi aver fatto in termini di letture, corsi e consigli di amici che ci sono già passati servirà soltanto a farti comprendere finalmente come stavano loro in quel frangente. Nulla di più. “Ah, adesso capisco cosa intendevi quando…” Capito? Il che equivale a dire che avresti potuto passare più tempo a guardarti serie TV su Netflix, invece che leggere orrendi libri sulla gravidanza e post parto.
  2. RAPPORTO UMANO
    Prima, durante e dopo il parto, i genitori sono in una situazione di apertura e delicatezza estrema. A meno che non siano medici, ginecologi, infermieri, ostetriche o qualcosa di simile, non hanno le conoscenze per capire cosa succede e perché.
    Si devono perciò fidare CIECAMENTE delle figure di riferimento.
    La cosa migliore che può capitare è che queste figure (medici, ginecologi, ostetriche, infermieri, ecc…) siano preparati soprattutto a livello umano.
    Siano cioè in grado di capire una cosa molto semplice: il rapporto di fiducia medico-paziente non si instaura in automatico, solo perché sei entrato in ospedale.
    Occorre crearlo da zero. Una volta instaurato un clima di questo genere, tutto il resto scorre senza grossi problemi. La sicurezza di potersi fidare è uno dei bisogni primari della coppia.
    Senza questo è solo una prestazione medica.
    Una prestazione medica adeguata, ma umanamente non adeguata, può causare spiacevoli difficoltà alla coppia, anche in fase di rientro dall’ospedale.Ritengo che il fattore umano sia la prima variabile a cui prestare attenzione.
  3. FATTORE UMANO IN OSPEDALE
    Il corollario a quanto detto sopra è che in un ospedale il fattore umano è imprevedibile. Per quanto la scelta della struttura ospedaliera sia stata accurata, più persone si incontrano e più aumenta la possibilità che non tutte siano in  grado di stabilire il legame di cui sopra.
    In un ospedale inoltre, per quanto esista una linea guida, ci sono varie “anime”, varie correnti o interpretazioni. Perché…ci sono le persone e le persone sono le più disparate. E’ una cosa da tenere in considerazione.
    L’unica situazione umanamente controllabile in toto è il parto in casa con un’ostetrica di fiducia.
    Questa non è una difesa del parto in casa vs ospedale. Non me ne frega niente.
    Noi siamo stati in ospedale e lo rifaremmo.
    E’ solo una banale constatazione della realtà.
    Parto in casa = 1 umano. Ospedale = molti umani.
    Molti umani = situazione meno controllabile. E’ solo matematica. Ok?
  4. LA TRIADE: AFFETTO, COMPRENSIONE, AIUTO
    Sono le tre cose di cui una donna ha bisogno una volta a casa.
    Se gliele dà tutte e tre il suo uomo, che magari riesce a stare a casa un po’ di tempo dal lavoro, è MEGLIO. In alternativa, vanno bene anche genitori o amici molto fidati e poco invadenti. Ripeto: POCO INVADENTI.
    Amici o parenti che ti preparano qualcosa da mangiare, soprattutto per i primi giorni, soprattutto per il giorno in cui torni a casa, sono dei benemeriti. Possono anche mettere le pietanze fuori dalla porta se non vuoi avere gente che ti gironzola in casa (e fidati, i primi giorni non lo vuoi!).
    Affetto: la donna post partum è molto, ma molto sensibile. L’ho già detto molto? Molto sensibile. Affetto significa: no liti, no rimproveri, no situazioni spiacevoli. E se accadono, richiesta di scuse immediata e fare pace alla svelta. Questo punto ovviamente è dedicato esclusivamente a lui.
    Comprensione: la coppia in questa fase, più che di gente che dice loro cosa fare, ha bisogno di persone che accolgano e comprendano.
    So perfettamente che tutti quelli che leggeranno diranno “bravo! Hai ragione!”, ma solo una minima parte capirà davvero cosa vuol dire “no consigli, solo comprensione”.
    Assicurati di averlo compreso anche te che leggi e che le persone a cui ti vuoi riferire rispettino questi criteri.
    Dopo una settimana, a me anche solo le persone che mi dicevano “vedrai che ce la fai” mi stavano sulle palle. Ma io, si sa, sono stronzo.
    Aiuto materiale: Qualcuno che faccia le cose che i coniugi non riescono a fare. Fare la spesa, buttare la spazzatura, lavare due piatti, stendere una lavatrice. Ricorda: aiuto materiale, NO consigli. E poca invadenza.
  5. HUMAN FREE
    Non so quanto dura, ma nella prima settimana (io sono alla seconda ed è uguale), non avrete voglia di vedere esseri umani. Ovviamente tutti vorranno vedervi, sentirvi, vedere il piccolo/la piccola. Anche persone che non vi hanno cagato fino al giorno prima.
    Se sviluppate odio verso queste persone, non c’è problema. E’ sano e normale. Evitate l’eliminazione fisica, perché dicono sia omicidio. Tutto il resto va bene.
    Chi non capisce che deve starsene in disparte di solito non ha figli. Portate pazienza e anche un bazooka.
  6. SPAZIO TEMPO FUORI CONTROLLO
    Vostro figlio/a in due giorni possiederà più oggetti di voi due messi insieme. Il vostro spazio non è più vostro. Il tempo nemmeno. Tornare a casa dopo un parto è come stare in mezzo a un trasloco che non sai quanto durerà. Con la differenza che in un trasloco si dorme. Accettare questo fatto alla svelta vi aiuterà..
  7. NESSUN CONSIGLIO? NON ESATTAMENTE
    Il parto e il dopo parto è il momento in cui il mondo si scatena, inondandovi di consigli. Comprendere la bellissima intenzione umana di volervi aiutare dei vostri amici/parenti/contatti è doveroso. Fregarsene anche.
    Una coppia non ha bisogno dei consigli di tutti. Solo di quelli che contano.
    Come fare?
    Il mio consiglio è di avere una, massima due, figure di riferimento, possibilmente esperti del settore, e affidarvi a loro per le mille domande che avrete.
    Il problema dei consigli non è che siano giusti o sbagliati. Tendenzialmente sono giusti tutti. Il problema è che non avrete nemmeno tempo di leggerli tutti. Figuriamoci metterli in pratica. Li mettete in un cassetto della memoria e li tirate fuori quando tutto sarà finito. Tipo verso la maggiore età della prole.
  8. CHE MANGIARE E CHE OGGETTI AVERE?
    Io sono stato a casa un mese, quindi cosa mangiare era ininfluente. Preparavo io, o mia moglie e io tenevo la bimba.
    Se invece la donna è sola in casa in quella settimana, ha un microonde e apprezza zuppe e creme, se ne fa un tot prima e le congela. Il problema è che se sei sola, da quando scongeli a quando mangi potrebbe passare più tempo di quello che vorresti. E la minestra fredda, diciamolo, fa schifo.
    Ideale è avere cibi che puoi mangiare in fretta, in piedi, mentre allatti (la donna, in tal caso). Come stato d’animo consiglio quello degli ebrei il giorno della fuga dall’Egitto. Sempre pronti a scappare, in attesa che arrivi l’angelo della Morte (in questo caso il pianto di tuo figlio).Oggetti da avere in abbondanza sono tutti quelli di facile consumo.
    In una parola: pannolini!
    Se c’è una difficoltà di latte, allora avere un paio di scatole di latte in polvere può aiutare, per evitare di mandare il marito in farmacia alle tre di notte.
    Se servono biberon, prendete quelli della ditta MAM. Sono in vetro, hanno la tettarella ergonomica che rudice alla grande le coliche, si possono mettere nel microonde, ecc… Ce ne sono di tutti i tipi, un salto in farmacia, in un negozio specializzato o sul loro sito lo consiglio PRIMA del parto. Io l’ho fatto dopo e infatti ci siamo trovati incasinati.
  9. TRAUMA POST PARTO
    Il parto è spesso uno shock, sia fisico che psicologico.
    Se poi qualcosa va storto, se è anche solo un po’ più violento di come la donna se lo aspettava, lo shock è garantito. Questo significa che nei giorni successivi, con calma o con meno calma, potrebbero venire a galla dei contenuti relativi a questo momento.
    Se questi contenuti non vengono a galla, fanno i loro effetti in modo sotterraneo e sono più difficili da individuare.
    All’uomo il compito di stare di fronte a tutto questo delirio, con comprensione e affetto (punto 4m do you remember?)
  10. SINDROME DA MAMMA PERFETTA
    Le mamme vogliono essere perfette. Poi scoprono di essere ansiose e casinare. Anche quelle che si sono preparate anni ad avere un figlio ci cascano.
    Sei una mamma ansiosa e non te lo aspettavi? E’ normale.
    Senti di essere una madre da schifo e non vorresti, perché in quanto donna hai il mito della perfezione? E’ normale.
    Avere qualcuno a cui comunicare e che comprenda appieno (e basta) in questi frangenti è tutto. Comunica, fatti comprendere e lascia andare più che puoi.

Ok, avrei concluso.
Ma devo essere sincero. Puoi prendere tutti questi punti e buttarli. Non ti serviranno. Te l’avevo detto già all’inizio.
L’unica cosa degna di nota che ho compreso in tutta questa faccenda, l’unico elemento in grado davvero di migliorare di molto il momento del parto, post parto e settimana seguente (e la vita in generale), è il seguente:

11. LA RICERCA DEL MEGLIO E’ IL TUO PEGGIOR NEMICO
C’è una sottile linea fra programmare, cercare di fare del proprio meglio, cercare di dare il meglio per tuo figlio e invece forzare la realtà.
E’ un concetto che a parole magari si capisce anche, ma si capisce meglio quando ci si sbatte contro. Di solito ci cadono più facilmente proprio quelli che programmano molto, che cercano, provano, si informane, cercano di essere più consapevoli della maggior parte delle persone.
La ricerca del meglio può diventare l’ossessione del meglio. Se così accade, se la realtà che affronti sarà diversa (e il parto e la settimana seguente lo sarà) dalle aspettative, senza un piano B il rischio di farsi male è molto alto.
Il piano B cos’è?
E’ la consapevolezza che tu puoi aver fatto del tuo meglio, ma il meglio è una tua idea. Poi c’è la realtà. E la realtà vince. Sempre.E’ come tirare una freccia con un arco.
Prendi la mira, controlli il respiro, misuri il vento, scegli con quanta forza tirare. Questo è la ricerca del tuo meglio.Poi scocchi. E se cambia il vento, se il bersaglio si sposta, se hai un colpo di tosse nel momento clou… Quella è la realtà.La freccia ormai è andata. Non puoi correrle dietro e afferrarla. Se lo fai, se fai una cosa demenziale come correre dietro a una freccia scoccata per farle cambiare direzione, quello è forzare la realtà.
Che poi la realtà non si forza. E’ sempre tutto nella nostra testa. Ma uno crede di poterlo fare. Bontà sua.Ecco, questo è l’unico consiglio sensato.
Fa attenzione che la ricerca del meglio non diventi l’ossessione del meglio.
Che le aspettative non diventino più importanti della realtà.
Che i singoli passaggi, le singole scelte, non diventino più importanti di quella centrale: dare alla luce e crescere un pargoletto/a.Perchè da prima del parto fino a un tempo indefinito, le tue aspettative conteranno meno di zero.
Se non hai difficoltà nell’accettare la realtà com’è, no problem.
Se invece, come me, sei uno che fa fatica a mollare il controllo, allora sappi che andrai incontro alla sofferenza delle aspettative infrante. Ti dovrai spezzare.
E no, non è una buona notizia. La buona è che lo sai.Buona sopravvivenza!

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