Mi sveglio con un vuoto cosmico che mi morde le budella. Non è un vuoto nel senso fisico del termine. Anzi, fisicamente fa l’effetto di una peperonata divorata a ferragosto sotto il sole.
Lo chiamo vuoto perché è quello che è: un qualcosa che vuole essere riempito. È il vuoto di me che cerca una cosa, una qualsiasi cosa che lo riempia. Un altro nome è angoscia. Un altro ancora, male di vivere. Depressione forse, anche se io depresso non lo sono mai davvero stato. Angosciato sì, però. L’angoscia è qualcosa che ti sottrae alla vita, che ti svuota, che ti succhia le energie. Non andrei nemmeno in bagno se non rischiassi di cagarmi sotto. Mi alzo e torno a letto. E, visto che sono in ferie, decido di prendermela comoda. Questa volta farò una cosa che non ho mai fatto: invece di fuggire, starò lì ad ascoltare il vuoto. Fino in fondo, per vedere che succede. E lui urla e si dibatte e cerca di essere riempito. Paure, mostri orrendi, pensieri di ogni genere, giudizi, mi si abbattono contro. E io rimango lì sdraiato, a sentirmi questa Sturm und Drang che gioca all’Harlem Shake con il mio cervello.
Dopo un paio d’ore mi alzo, faccio un po’ di cose, una lavatrice e stendo i panni messi ad asciugare tempo prima.
E comincio a piangere. Piango come una fontana. Piango, nemmeno io so perché. E sto bene. Piango perché sto bene. E la cosa è assurda. La mia ultima storia si è chiusa in uno dei modi più bastardi nella storiografia degli addii e che speri sempre non accada a te: con un sms. E i miei capi mi hanno detto, giusto ieri, che mi vogliono fuori dai coglioni. Fra un mese non avrò più un lavoro e non so come pagarmi l’affitto dell’appartamento, o il mangiare o quello che sarà.
E sto bene. Mi sento a casa. Mi sento me stesso. Non sono mai stato più centrato in vita mia. E non capisco che caspita succede. La cosa non ha senso: dovrei rotolarmi in terra, piangere, restare rannicchiato dalla paura e dal terrore. Non è che non sto male: la realtà ha calato la sua mannaia e mi ha tranciato un bel po’ di carne. Sto male, ma sto bene. È come se avessi trovato un qualcosa che nessuno possa smuovere.
Io. Io mi sono trovato. O meglio, mi sono ritrovato. Perché un tempo di sicuro c’ero. È che poi mi sono perso. Ma ora mi sono ritrovato. Un granello di sabbia rispetto alla marea del mondo che mi assale, ma è così che si inizia.
Un granello, su cui costruire una fortezza.
«Tutto comincia da qui» dice Gendo Ikari, al risveglio dell’Unità Evangelion 01.
Ed è proprio così. Anch’io, come l’unità EVA01, mi sono risvegliato. E il mondo non sarà mai più lo stesso.
Questo è il giorno della mia rinascita. Il mio secondo compleanno.
Giovedì 25 luglio 2013.
Tutto comincia da qui.