Non ci fermerà la nebbia

Oggi ho preso ferie.
Non posso finire di lavorare alle 18:00, spararmi a casa alla velocità della luce, doccia, cena e arrivare in meno di due ore a Padova. Senza perdermi nell’hinterland, tra l’altro. Perdermi alla periferia di una città di pianura fa parte del codice genetico con cui sono venuto al mondo. Non si tradiscono le proprie origini.
Che poi, i cancelli aprono alle 18:30 e se voglio un posto, non dico in prima fila, che dovrei uccidere per averlo, ma almeno con una visuale decente, non ho altra scelta che attendere insieme a tutti gli altri e preparami a sgomitare.
No, serve arrivare prima. Partenza con tutta calma, nel pomeriggio. E cazzeggio la mattina, che sono stanco morto. Me lo merito.
Che poi è bello avere una passione bruciante e poterla condividere con un amico, che è pure più fanatico di te. E potergli dire: domani si parte a qualche ora. Ti farò sapere. E sentirsi rispondere che non c’è problema. Della serie: scialla. Niente preoccupazioni, niente progettualità. Solo un’accortezza, partire in tempo per limitare i danni dell’inevitabile smarrimento padano.
E se c’è la nebbia? Dannata pianura! Ma voi come ci vivete?
Per forza poi siete incazzati e votate Lega. Chilometri e chilometri di nulla, orrende zone industriali e campi coltivati. Ci fosse il mare almeno. Quello è un infinito che vorrei avere tutte le mattine al mio risveglio. Ma la pianura…no, grazie, preferisco le montagne.
Tuttavia ce la farò. Contro la nebbia, la malinconia della pianura, l’assurda segnaletica veneta, che ti dice per Trento fra 90 km, poi arrivi a un incrocio con tre strade e ci sono segnati solo dei paeselli così piccoli che secondo Google Maps non esistono. Ma no, guarda che ci sono, dico io. Cazzo, li vedo, son qui davanti! Niente. Oh, se Google decide che una cosa non esiste, non esiste.
Per questo parto prima. Per fottere la segnaletica, la nebbia e Google Maps.
Sarò al Teatro Geox di Padova per quando aprono i cancelli. Il nome è un po’ idiota. Geox, il teatro che respira? Non importa.
Io avrò panini e bibita nello zainetto, che stavolta li preparo prima. L’unica concessione alla programmazione che intendo fare.
E oggi me la compro una maglietta. Costasse anche 30 euro. Non importa, me la merito. Già due volte senza maglietta è quasi un delitto. La terza volta è quella buona.
Non sono mai pronto abbastanza a queste cose.
Cinque ore in piedi, se va bene, con un male bestia alle caviglie, che già so che starò tutto il tempo sulle punte per vedere meglio. Perché, perché siete tutti più alti di me?
Gente che mi sgomita sulla schiena e mi alita a fianco, corpi pressati, gomiti, spalle, ginocchia che si sfregano. E il primo che tira una scoreggia sarà letale come il gas nervino. Per fortuna che mi difendo bene. Anzi, quel qualcuno potrei davvero essere io. Sudore, fatica, puzza. E se ti scappa da pisciare, cazzi tuoi. Te la tieni, che se esci dal tuo metro quadro, così duramente conquistato, non rientri più. È la legge della giungla. La rispetti o muori. Sarà dura. Ne varrà la pena?

In settembre mi chiama l’amico mio e mi dice:
«22 gennaio ad Assago o 24 a Padova.»
«Padova» dico io «Che è più vicino. Milano poi mi fa cagare.»

Cinque mesi di attesa. Non ci fermerà la nebbia, il GPS che impazzisce nel triangolo delle Bermuda padano, non ci fermeranno puzza e gomitate.
Perché stasera suonano i Dream Theater.

E forse quando torno vi racconto com’è andata.

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