Accade domani

Sono nato e cresciuto con le storie.
Quando avevo tre anni mio padre mi raccontò la storia di Joe il Selvaggio, un bizzarro esploratore che decide di sfidare le insidie della jungla e di risalire il Rio delle Amazzoni. Lottava contro il giaguaro e l’anaconda. Prendeva a schiaffi i piranha che gli mordevano il sedere quando cagava fuori dalla barca.
Poi c’erano le storie in cui mio padre andava in montagna, incontrava l’orso e gli sfuggiva per il rotto della cuffia.
Ci credetti per anni a quelle storie. Mi creò anche un bel trauma, pensare che papà avesse fatto delle cose così epiche e io non sarei mai riuscito a emularle. Però le storie erano rimaste.
E così, quando, da adulto, mi son trovato con la caldaia rotta, mi sono chiesto: che cosa racconterò io ai miei figli, quando ne avrò? Idea! Racconterò di come mi sono fatto il bagno nel lavandino!
Che, in fondo, draghi, Amazzonia, o caldaia, la sostanza non cambia. Epica, bellezza, dramma, avventura, emozione…qualsiasi cosa appartenga allo scibile e all’esperienza umana può essere raccontato e trasmesso e reso interessante e avvincente.
Questa è una storia sulle storie.
La storia che racconterò ai miei figli.


Prologo

– Papà, ci racconti una storia?
– Quale volete sentire?
– Quella della caldaia!!!
(Ancora? E che cazzo…)
– Dunque, dovete sapere che tutte le grandi avventure iniziano con eventi spesso insignificanti. E questa iniziò una sera di tanti anni fa, quando dissi alla mamma: “amore, non ho più una canottiera pulita“.

Kyenge

– Così, la mamma mise su una lavatrice formato famiglia, con dentro canottiere, mutande e tutto il resto.
– Ma noi vogliamo la storia della caldaia!
– Giovani impazienti! Ogni dramma che si rispetti è fatto di mille piccoli eventi che, presi da soli non preoccupano molto, ma che insieme fanno un bel problema.
– E perché?
– Perché l’eroe ci mette più impegno a superarlo e la storia tira. Sennò sai che noia?
– Capito. Dai, continua!
– Ok. Tirammo fuori i panni dalla lavatrice. Lo stenditoio era così carico che sembrava dovesse crollare da un momento all’altro. E la casa divenne in fretta così umida che pareva una succursale della pianura padana!
– Aiuto! È dove vivono i leghisti?
– Sì, ma è stato tanto tempo fa. Ormai sono quasi estinti, non c’ è da aver paura.
– Sei sicuro? E se ne salta fuori uno all’improvviso?
– Allora basta che gli urliate “Kyenge” e vedrai che scappa! Provate, su.
– Kye…Kyenge? Kyenge! È divertente!
– Che vi dicevo? Torniamo a noi: umidità. Era ovunque e ti entrava nelle ossa.
– Faceva male?
– No, freddo. “Si asciugherà una canottiera per domattina?” chiesi alla mamma. “Vedrai di sì” disse lei “alziamo un po’ il riscaldamento e andrà tutto bene.
Speriamo che non torni a trovarci la muffa intanto” dissi io.
– La muffa non ti sta simpatica?
– Eh, sapeste…

No muffa, no party

– Com’ è la storia della muffa?
– Ma non volevate quella della caldaia?
– Sì, ma non puoi fare una digessione…una diressione…
– Una digressione?
– Sì, quella! Come hai fatto coi leghisti.
– Miei cari, la muffa richiede ben altre attenzioni che una razza estinta di umanoidi. La muffa è un ospite assai indesiderato, che una volta che ti entra in casa non vuole uscire più.
– Neanche se glielo chiedi per favore?
– Magari! Glielo puoi chiedere in tutte le maniere, ma tanto non ti risponde.
– Che maleducata!
– Potete dirlo forte!
– CHE MALEDUCATA!!!!
– Ecco, bravi. E poi si mangia tutto, con predilezione per l’ intonaco.
– L’intonaco? Ma non è buono!
– Che vi devo dire? A lei piace.
– Ma papà, è terribile! Chissà che affamata che deve essere se si mangia l’intonaco!
– Ma…
– Forse da dove viene lei non le danno da mangiare. Magari non ha nemmeno una mamma che le fa tutte quelle cose buone!
– Ma, cioè…
– Forse si sente tanto sola! Per questo non se ne vuole più andare!
– Ma io non credo…
– Papà, quando la signora muffa torna a trovarci la ospitiamo? Per favore!
– Bè, cioè…insomma… bon, fine della digressione. Torniamo alla caldaia!

Stare come un Papa

– Alla fine, accadde. Era martedì e pioveva. Pioveva sempre in quei giorni. Mai visto un inverno tanto piovoso. Forse si credeva autunno? La mattina ci alzammo che faceva un freddo tremendo. 13 gradi!
– Sono tanti?
– Sono pochi. Pochissimi. Soprattutto per uno che ha sempre freddo come me.
– Perché era freddo?
– La caldaia. Era andato in blocco. Ci andava spesso, anche durante la notte. Così la riavviammo. Si bloccò ancora. La facciamo ripartire. Si blocca. Ritentiamo. Bloccata ancora! La riavviamo: salta la luce! Merda!
– Hai detto merda!
– Ho proprio detto così. È un altro modo per dire cacca.
– Ma è una brutta parola, non si dice.
– Eh, non è così semplice la cosa. Che cosa avrei dovuto dire secondo voi?
– Accidenti! O…che sfortuna!
– Ottima scelta. Ora pensate che salta il riscaldamento e la casa è fredda. Ma tanto.
– A te viene il mal di testa col freddo.
– Esatto. Pensateci bene. Quante possibilità ci sono che io dica: accidenti, la caldaia è rotta, che sfortuna?
– Ahahah! No, è vero, tu diresti merda! E un sacco di altre cose…
– Ecco bravi. Avete capito il punto?
– No.
– Il punto è: verità. Una storia che si rispetti dev’essere vera o almeno verosimile. Altrimenti, chi la ascolta si accorge subito che non è vera e non gli piace più. Un po’ come togliere la mozzarella e il pomodoro alla pizza. Mi diventa una focaccia, non puoi più chiamarla pizza.
– E allora cos’è successo?
– È successo che la mamma ha chiamato il caldaista, dicendogli che era un’emergenza. E quello, contrariamente alle abitudini della sua specie, arriva subito. Armeggia sulla caldaia e alla fine dice: è rotta la pompa.
– E la aggiusta?
– No, perché lui non ce l’ha. Deve prenderla dalla ditta che la produce. Ma anche loro non ce l’hanno. Devono ordinarla da chissà chi. Insomma, niente pompa. Arriva domani, dice. E aggiunge: forse.
– E allora cosa avete fatto?
– Eh, ci siamo arrangiati. Doppio strato di vestiti. Calzamaglia giorno e notte sotto i pantaloni. Io giravo in casa con la giacca rossa, quella bella, da montagna. Centottanta euro di giacca per sopravvivere in casa. Soldi ben spesi. Stavo come un Papa.
– Perché come il Papa?
– È un modo di dire. Perché si suppone che stia benone, in un grande palazzo, pieno di guardie, servito e riverito e con tante cose buone da mangiare.
– E ci sono tanti bambini?
– No, niente bambini in Vaticano.
– E quindi non ci sono neanche le mamme!
– Eh…quelle proprio no…
– Allora non deve stare mica tanto bene questo Papa!
– Eh…mi sa che c’avete ragione. Allora, stavo come un pascià…
– Cos’è il pascià?
– Il pascià è…mannaggia, questa come ve la spiego? Maledetti modi di dire!
– Perché non dici che stavi come mamma?
– Come…mamma?
– Certo. Mamma è sempre contenta e dice sempre che è tutto bello. Stavi come mamma!
– Però, che acume! Ma siamo sicuri che siete figli miei?
– Mamma dice di sì.
– E fidiamoci. Finora mi è andata bene. Ok, stavo come mamma. C’era freddo ma ce la facevamo. Guardavamo la tivù tutti imbacuccati e facevamo finta di stare nel nostro chalet di montagna. E io facevo il bagno nel lavandino.
– E come facevi?
– Scaldammo una pentola d’acqua e ci riempimmo il lavandino. E usavo una pezza per pulirmi poco a poco. Era come stare in campeggio. E non vi dico l’acqua che abbiamo risparmiato…
– Che bello, anche noi vogliamo fare il bagno nel lavandino!
– Bè, non mi sembra proprio il caso…
– Dai, dai dai!
– Vabbè, lo organizziamo. Una volta al mese bagno nel lavandino, con il mestolo della cucina. Va bene?
– Evviva!
– Insomma, riuscivamo a farcela. La sera vedemmo Arriety e il giorno dopo School of Rock. La mamma era così colpita dal film di Miyazaki, che restò con la tazza del tè in mano per un’ora. Quando gliela tolsi, non se ne accorse neppure.
– Arriety è bellissimo!
– Anche School of Rock. Un giorno ve lo faccio vedere.
– Sì, dai! Che bello, andava tutto bene allora.
– Bene…no, non tutto. Vi ricordo che c’era sempre freddo. E la caldaia, che il martedì doveva essere riparata di mercoledì, il mercoledì diventò: forse domani, ma non si sa. Il bucato nel frattempo non si era asciugato, io ero senza canottiere e dovetti metterne una della mamma. La mamma era molto tesa e io cominciavo ad essere nervoso. Molto nervoso. Ma ce la facevamo. Finché, tre giorni dopo, non arrivò l’ultimo atto.
Quel giorno lo chiamammo il Black Thursday.

Il Black Thursday – Epilogo

– Cos’è il bleck ciusdei?
– Il Black Thursday, come tutte le cose difficili della vita, arrivò come un’onda, inaspettata e violenta, che spazza via tutto per lasciarti, solo e senza fiato, insieme al cumulo dei tuoi detriti.
– Ma che cavolo hai detto papà?
– Niente, stavo solo creando un po’ di atmosfera.
– E la storia? Dai, spiegaci cos’è il bleck coso!
– Ah, non c’è spazio per la creatività. Mondo crudele. Vabbene. Black Thursday vuol dire Giovedì Nero, in inglese.
– Perché lo dici in inglese?
– Perché lo fa sembrare una cosa importante.
– Ma non si capisce che è giovedì!
– Avete ragione. Allora d’ora in poi sarà il Giovedì Nero, ok?
– Ok. Ma perché è nero?
– Perché è stato molto brutto. Un cattivo giovedì.
– Ma il nero è brutto?
– Non è che il nero sia brutto. Ma ogni tanto si usa dire che una cosa è nera, per dire che è brutta, malvagia, cattiva.
– Papà, è terribile! Cosa diciamo adesso ad Aron?
– Aron?
– Il nostro compagno di scuola. Quello della Tanzania. Come facciamo a dirgli che è cattivo?
– No, no! Aron non è cattivo ragazzi.
– Ma è nero. E tu hai detto…
– Ok, fermi tutti. Stop. Si dice nera di una cosa cattiva, ma non è sempre così. Diciamo che c’è il nero buono e il nero cattivo…no, aspetta, questa è da denuncia…
– Aron è un nero buono allora?
– Oh, merda! No, sentite…
– Papà, hai detto merda di nuovo!
– Ebbene sì, lo ammetto. Torniamo al nero però. Mi sono sbagliato, ok? Niente discorsi sul nero. Il nero è nero. A voi piace il nero?
– Sì! La notte con le stelle è nera. E mamma ha un bellissimo cappotto nero.
– Ottimo. Il nero vi piace e va bene così. Lasciamo stare il nero.
– Il giovedì non è più nero allora?
– Non lo è più. Diciamo che è stato un brutto giovedì. Un giovedì che non mi è piaciuto. Vi piace questa versione?
– Sì. Ti ha fatto arrabbiare quel giovedì?
– Moltissimo. La caldaia non andava. Il caldaista non sapeva se e quando l’avrebbe aggiustata. Il pezzo mancante chissà dov’era. Le canottiere erano tutte bagnate e quelle della mamma non è che mi stessero granché bene. E la mattina del giovedì, il terzo giorno al freddo, apro la posta e mi trovo una serie di bollette e di cose da pagare. Ho fatto due conti: in una settimana avrei dovuto sborsare quello che guadagnavo in un mese. Era troppo!
– Troppo cosa?
– Troppe cose, tutte assieme, che non andavano per il verso giusto. Mi scoppiava la testa!
– Come quando la maestra ci dà troppi compiti e non riusciamo poi a vedere i cartoni animati?
– Ecco, stessa cosa. E che fate in quel caso?
– Ci arrabbiamo!
– Stessa cosa anch’io. Ho chiamato mamma e mi sono arrabbiato.
– Con mamma?
– Non proprio. Bè…più o meno…
– Ma mamma non ti aveva fatto niente.
– No, in effetti no…
– Potevi arrabbiarti con la caldaia. O con il pezzo che non arrivava.
– Sì, ecco…non è che mi sono proprio arrabbiato con mamma. Ero molto teso quando l’ho chiamata…
– Perché ti sei arrabbiato con mamma?
– Non mi sono arrabbiato con mamma! È che quando succede qualcosa che non va per il verso giusto, capisci che non puoi controllare tutto, ma quando ti succede che tutto va per il verso contrario, capisci che non controlli niente! È frustrante!
– E perché ti sei arrabbiato con mamma?
– Ahhhh! Non mi sono arrabbiato…vabbene, ok, mi sono arrabbiato con mamma!
– Perché stai urlando adesso?
– Ma non sto urlando! Sì, forse un pochetto…Ma perché volete sempre la storia della caldaia? Lo sapevo che finiva così…
– Papà, che noia! Quanto ci metti a finire questa storia?
– Ho subito finito. Insomma, con la mamma c’è stata un po’ di tensione, ma poi ci siamo chiariti in fretta.
– Davvero?
– Sì. Io le ho spiegato che avevo bisogno di sfogarmi e lei ha capito.
– Mamma capisce sempre tutto.
– Ecco. Questa me la segno per quando avrete 14 anni. Comunque, alla fine siamo tornati tranquilli, come sempre. Poi io sono tornato a casa dal lavoro. Erano le 20:00 e indovinate: il termostato segnava 20 gradi!
– Erano pochi?
– Erano tanti! Avevano aggiustato la caldaia mentre eravamo fuori!
– Evviva!
– Allora ho chiamato la mamma, che era al lavoro e poi mi sono fatto la prima doccia bollente, da tre giorni a quella parte! E quando la mamma è tornata abbiamo festeggiato!
Fine della storia.
– Come fine? E la morale?
– Quale morale?
– Papà, ogni storia deve avere un insegnamento, non lo sai?
– E chi l’ha detta questa cosa?
– La maestra.
– Ah, mi pareva (che la possino cecà!). Ha ovviamente ragione, ma è un po’ più complicato. In una storia seria non c’è bisogno di dire qual è la morale. Perché la capite da soli.
– E come facciamo?
– Vedete, in realtà non esistono le storie. Ne esiste solo una, che noi riscopriamo all’interno delle storie narrate dagli altri. E questa storia si ripete sempre diversa e sempre uguale. È la nostra storia. E ogni volta che scopri una morale dentro la storia di un altro, è perché ti ha ricordato qualcosa di te. Qualcosa che avevi scordato, o che non sapevi dire così bene. Lo scrittore è solo uno più bravo di te a dire quello che già sai.
– Ma allora non c’è una morale?
– Ce ne sono tante. Una per ogni persona. E la vostra qual è? Dovete trovarla voi.
– Che non devi litigare con mamma, perché non è colpa sua se si rompe la caldaia.
– Un’ottima morale.
– Che è meglio vivere in un paese caldo, così la caldaia non si può rompere, perché tanto non ce l’abbiamo.
– Approvo e sottoscrivo in pieno!
– E la tua morale, papà?
– Ne ho diverse.
La mia preferita è: che la mamma ed io siamo diventati bravi a gestire le difficoltà e gli imprevisti e a trovare motivi di bellezza anche dove non penseresti di trovarne.

Perciò voi non avrete paura della vita.

4 Risposte a “Accade domani”

  1. Fantastico! Ahahahah! Come già detto in fb, finale stupendo! Che non disturba affatto in contrasto con la demenzialità del resto del racconto… In fondo in fondo per tutto il racconto si sente un desiderio di famiglia e di bimbi *-* Datti da fare!!! 😀

  2. Quale demenzialità? Chissà che racconto hai letto…
    Grazie di aver letto e commentato anche qua.
    A presto!

I commenti sono chiusi.

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