Solo un altro modo di dire

L’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine.
All’interno di questi due poli accadono le storie, i viaggi degli esseri umani dentro quel gran calderone incasinato che è la vita.
Questa storia inizia circa dieci o dodici anni fa. Non saprei ricordarlo bene.
Comincia con la mia prima ragazza, il goffo tentativo, ancora non ben razionalizzato, di fare qualcosa di più grande di me, di lei, di noi due messi insieme.
Anni bui, anni di sofferenza, passati a cercare, cercare e cercare ancora. Peccato che il luogo fosse sempre sbagliato. Cercavo fuori di me quello che dovevo cercare dentro, e dentro quello che dovevo cercare fuori. Che casino! Ci ho messo più di dieci anni per capirlo. Con due tentativi di famiglia andati a male, con quintali di ferite sulle spalle, date, ricevute, perdonate, mal digerite, mai digerite.
Chissà per quanto sarei potuto andare avanti così. Se c’è una cosa che ho imparato sulla sofferenza è che non è vero che quando tocchi il fondo ti rialzi. A volte scopri che quello che credevi il fondo non lo è davvero e che l’ascensore per l’inferno ha ancora molte fermate, prima di scaricare la tua misera carcassa da qualche parte.
Potevo andare avanti all’infinito. Invece ho fatto una cosa nuova. È quando una persona sceglie di fare un viaggio in un paese esotico, di accettare un lavoro nuovo, di uscire dal suo solito tran tran che accadono le storie. Quando due persone si incontrano. Ecco, lì c’è una storia. Anche la mia iniziò così.
Con una frase, un’unica frase, detta un imprecisato giorno di agosto a Benedetta, la mia amica pazzerella:
«Presentami un’amica» ho detto.
[Una lezione per la vita: se cercate una donna, chiedete a una donna. Noi uomini di donne non ci capiamo una mazza]
E da lì una cena, sul finire di settembre, alla vigilia dell’ultimo giro in montagna della stagione e dell’imminente acquisto del mio primo, primissimo smartphone (da allora, e per sempre, ribattezzato Smarzfon). Per concludere un’estate fatta di distruzioni e di rinascite, di delusioni e di grandi scoperte. E dalla cena un’altra cena, il primo appuntamento al ristorante messicano, che di lunedì tutti gli altri locali erano chiusi (e l’abbiamo scoperto la sera stessa, ovviamente). Con una torta al cioccolato al posto di un mazzo di fiori come antipasto, la verità di noi da donare all’altro e la bramosia di una relazione senza zone d’ombra come portate principali.
Storie dentro altre storie. Tante, troppe per narrarle tutte o anche solo ricordarle.
La mia, in fondo, non è altro che una storia dalle mille storie. Mille incontri, mille occasioni, mille parole, tant’è che è difficile, se non impossibile, dire dove finisco io e dove iniziano gli altri e quanto io sia integralmente io, se non la somma di infiniti noi.

E l’Omega, mi dirai? L’Omega dell’inizio, quella che conclude una storia?
L’Omega è questa: oggi finisce del tutto la mia storia di io e comincia quella di noi.
Di Ilaria e me, e di tutti quelli che vorranno essere con noi nel tempo che verrà.

Lasciamo il suo appartamento, troppo piccolino per due persone, due chitarre e trecento CD di heavy metal e ci trasferiamo nella nuova casa.
Che non è nuova, perché è il mio appartamento, ma nemmeno tanto vecchio, visto che l’ho abitato solo nel periodo giugno-ottobre. E un maschio, single, si sa che non fa tanto. Infatti le pareti sono ancora bianche.
Perciò, siate contenti per e con noi perché oggi, 15 febbraio 2014, iniziamo a costruire la famiglia.

Che in fondo, è solo un altro modo di dire amore.

Una nuova famiglia inizia sempre con delle scatole!
Follow

Get every new post on this blog delivered to your Inbox.

Join other followers: