Le 3 difficoltà della crescita secondo me

Seguo un percorso di crescita personale da quattro anni e forse ora è venuto il momento di parlarne un pochetto. Per tre motivi: il primo perché mi è stato chiesto di farlo. Non così, non sul blog, ma qui diciamo che faccio le prove. Il secondo è che mi va, il terzo che forse può servire a qualcuno in ascolto, laggiù nell’etere. Io butto l’amo e chi vuol abboccare abbocchi. Buona lettura!
PS: non è un racconto, non è letterario, non è divertente, triste, avvincente o altro. Però non è nemmeno una poesia (che non so scriverne): poteva andarvi peggio.

Prima una premessa.
Parlare di crescita personale non mi è facile, perché questo termine è ormai talmente abusato che è difficile comprendere di cosa si stia parlando. Il rischio è di associarlo a un mix di cose, che spesso non c’entrano nulla fra di loro. Tecniche di vendita, personal coaching, PNL, tecniche per aumentare l’autostima, legge d’attrazione, veganesimo, yoga, fiori di Bach, angeli di luce, consapevolezza cosmica, aforismi di Einstein e Osho, varie ed eventuali teorie del complotto. Il rischio, al minimo, è di sembrare appartenente a una setta di invasati che usa in maniera sincretica e spesso casuale una serie di tecniche, conoscenze, credenze, prese un po’ qua e là e spesso a seconda del gusto personale e del sentito dire, un vero e proprio turismo spirituale di bassa lega, ciò che, senza molta simpatia, definisco fuffa New Age.

La crescita in realtà è una cosa molto semplice: passare da un sistema di comportamento disfunzionale a uno funzionale. Funzionale vuol dire che porta risultati, che aumenta le abilità dell’individuo, le sue relazioni, la sua capacità di ottenere dei risultati e di sentire che la sua vita sta andando in una direzione positiva per sé e per quegli altri di cui ha scelto di circondarsi. Per esempio, sentirsi in pace con l’universo, ma andare nell’altra stanza quando la moglie apre bocca, secondo me non è crescita. Fare una marea di soldi e avere il figlio che si droga, idem. Lo so, sono esempi banali, ma servono a dare l’idea. Potete trovarne quanti ne volete.
La vita è una cosa immensa e sfuggente, ma la sensazione soggettiva di poter dire: questa è la mia vita, è un obiettivo fondamentale per l’individuo. Lo scopo della mia ricerca, che non a caso mi ha portato verso una scuola con intenti simili ai miei (anche se all’epoca non aveva idea di tutto ciò), è di ottenere una sensazione di pienezza esistenziale, di completezza. Si potrebbe forse riassumere con felicità, anche se non è proprio la stessa cosa. Per ora la lasciamo così, forse ci tornerò in seguito.
Disfunzionale è quindi ciò che impedisce all’individuo di ottenere tale condizione e funzionale ciò che lo porta a conquistarla. La crescita è sia questo passaggio, sia il proseguimento del viaggio.

C’è un però.
Il passaggio da un equilibrio, per quanto disfunzionale, a un altro, non è privo di sofferenza. La cosa ha, per la mia esperienza, un triplice aspetto.
La prima difficoltà è accettare che fino ad allora, il sistema di pensiero e azione utilizzato non va bene. Ti guardi indietro e dici: non ho capito niente fino a ora. Magari qualcosa l’hai pure capita, ma per molte cose ti sei preso in giro da solo. Mettersi in discussione, anche in toto, è il primo passo: che ti venga spontaneo o che ne sia costretto dagli eventi, sei sulla buona strada per iniziare un bel viaggio verso la crescita. Se viene spontaneo è meglio, ma non sempre le ciambelle riescono col buco. L’importante è che un giorno ti svegli la mattina e decidi che è ora di rivedere tutto daccapo.
Serve davvero che dica perché è così difficile?
La seconda difficoltà sta nel cercare di rendere inefficace questo sistema di credenze e di azioni. Vi do una brutta notizia: l’unica strategia che funziona è vederlo nella sua verità, quindi andarci a fondo, immergersi nel proprio lato oscuro come dei sommozzatori di se stessi e guardarlo per bene in faccia. Per alcuni è divertente, ma secondo me sono proprio pochi. Per la maggior parte no. C’è chi soffre meno, chi più, ma non si scappa: si soffre tutti prima o poi.
Svelare le ombre tuttavia le depotenzia, le vedi per come sono realmente, le comprendi. Ciò che conosci lo puoi affrontare e poi decidere di abbandonarlo. Questo è un momento difficile: per quanto disfunzionale, un comportamento conosciuto da tanto tempo può essere difficile da lasciare, proprio perché noto. Il detto popolare “chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quello che lascia, ma non sa quello che trova” descrive perfettamente questa situazione: l’ignoto spesso e volentieri spaventa. Spaventa più di qualcosa di conosciuto e doloroso. È così, è umano. Serve anche a preservarsi e a non farci saltare giù da un burrone solo per “vedere com’è”. Senza una sana paura dell’ignoto saremmo estinti. Tuttavia, con un’insana paura dell’ignoto rischiamo di rendere la vita statica e di morire ugualmente, anche se non in modo fisico. E la differenza qual è? Bè…la impari. Buon divertimento.
La terza difficoltà è una zona grigia. Ok, hai guardato abbastanza in faccia il tuo lato oscuro da non averne più così tanta paura. Inizi a non seguirlo, a non fare più le stesse scelte, non sei più quello di prima. Decidi di abbandonare la vecchia modalità di azione, decidi di lasciare i comportamenti che hai compreso essere disfunzionali. Bellissimo! Vivi un momento magico per un po’. Ti senti davvero figo. E poi…che fai?
Ecco l’inghippo: nessuno ti dice cosa devi fare adesso. Aver scelto di abbandonare la vecchia modalità di vita non significa che automaticamente ne hai acquisita un’altra. Se ho la macchina rotta e non so dove andare in vacanza, dopo averla riparata sono a punto a capo. Non so dove andare in vacanza.
La sensazione spesso è di dover percorrere una strada che nessuno ha tracciato. Non credo che per tutti sia così. Alcuni una strada che andava da qualche parte già ce l’avevano, si tratta solo di continuare a percorrerla con gli strumenti giusti. Quelli sono i fortunelli. Ma per quelli che avevano solo strade disfunzionali, di quelle che si divertono a trascinarti in fondo a un bel baratro, può essere complicato tracciarne un’altra che porti in cima alla montagna. Se prima hai fatto il sub di profondità nella fossa dei tuoi lati più oscuri e ti sei sentito eroico, ora sei un navigatore solitario e un po’ pazzo che si lancia nell’immensità dell’oceano alla ricerca delle Indie, senza nemmeno sapere dove sono. Sai solo che ci sono. La tua terra promessa esiste, da qualche parte. Perché ci credi fortemente, perché altri prima di te l’hanno raggiunta e ti attendono sull’altra sponda, perché qualcuno di cui ti fidi ti ha detto che c’è. Chi se ne importa. L’importante è che ora vai. Con tutti i pericoli del caso. L’oceano è infido e tu non hai ben chiara la rotta. Ti dico subito qual è la prima cosa che tenterai di fare: tornare indietro. Tornerai su quella vecchia strada che conosci, perché non ne conosci altre. Non lo fai nemmeno apposta, anzi, non te ne accorgi nemmeno. Ma dopo un po’ che navighi ti accorgi, con grande amarezza e frustrazione, che sei tornato in porto. Ma che cavolo! Ok, respira. È la zona grigia. È fatta così. Riparti. Farai gli stessi errori, ma forse qualcuno in meno. Ora hai qualche conoscenza in più. E quando ne avrai abbastanza comincerai a vedere la nuova rotta e a sentire che puoi raggiungere le Indie.
E oltre le Indie cosa c’è? Non lo so. Lo saprò quando le avrò raggiunte.
Buon 1492!

 

4 Risposte a “Le 3 difficoltà della crescita secondo me”

  1. Devo dire che parla della mia vita, ho fatto un cammino che mi ha portato a fare delle scelte per la mia “america” poi ho dovuto farne altre e ritornare indietro..ma sicuramente diverso da prima…adesso dovrò ripartire
    Grazie per la condivisione
    Maurizio

  2. Complimenti caro Matteo per il tuo scritto. Penso che in ambito di crescita sono davvero agli inizi e di dover ancora scuotere veramente i vecchi modelli… Grazie per il tuo contributo. Un caro saluto, Giuseppe

  3. Mi piace, intimo, personale autobiografico quanto basta, determinato e chiaro di chi sa quello che dice perché lo ha vissute lo vive in prima persona. Sei sulla pista giusta, continua così. Lasciati andare, lascia andare la tua mente, la tua “penna” e il tuo cuore ….tutto il resto sembra che potrebbe venire da se con relativa facilità.

  4. @Maurizio, ti comprendo perfettamente. Chissà se poi sarà vero che torniamo indietro, o andiamo sempre avanti, solo col freno tirato? Grazie di essere passato di qua.

    @Giuseppe, grazie. Non mi ripeterò, dato che ci siamo già sentiti su FB, ma aggiungo che i commenti sul blog per me hanno valore doppio. In fondo, questa è la mia “casa” letteraria e venirmi a trovare qua per me è importante.

    @Silvano, grazie. All’intensivo mi dicesti “la tua debolezza diventerà la tua forza”. Penso si stia avverando. Staremo a vedere.

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