Le regole del baratro

Oggi mi sento molto zen.
Che nel gergo dei Social Network vuol dire:”sparare qualche cazzata esistenziale, nella speranza di trovare qualche allocco che mi segua.” Che, andando più a fondo, significa: speriamo che finalmente si tromba.
Oggi quindi vi sfraccicherò i maroni, con inutili perle di saggezza tirate fuori dall’uovo di Pasqua comprato nell’ultimo Eurospin in cui sono entrato. Due anni fa.

ps: Tutto ciò implica per forza qualche menata autobiografica, per rendere le cazzate più credibili. Io vi ho avvisati.

La vita ed io abbiamo passato molto tempo a non capirci. Lei tirava per la sua strada, io per la mia. Ci siamo incontrati di rado e quando accadeva, non ci salutavamo.
Ci mettevamo sempre tanto impegno nell’ignorarci.
È che mi ha sempre fatto paura. Così distante, forte, difficile da raggiungere. Quella stronza viaggiava col turbo e io andavo a piedi.
Per fortuna esistono i surrogati. Nell’era digitale, uno dei migliori in assoluto è Facebook, l’altro è Youporn.  Su Facebook ci ho sempre passato tanto tempo.
In realtà ho fatto anche altro. Ho passato la vita a cercarci un senso, ma evitandola accuratamente. La vita intendo. Cercare un senso a una cosa, evitandola. Non è molto furbo, ma non ho mai preteso di esserlo.

Ho cercato tanto.
Ho incontrato persone che mi hanno scodellato la loro verità, come un piatto di minestra, pronto sul tavolo, bello fumante. Bastava prendere il cucchiaio e mangiare. Purtroppo per me, detesto la minestra. Fosse stata pasta al ragù, capirei.
Le verità preconfezionate non erano mai su misura. Troppo strette, troppo larghe, troppo o troppo poco qualcosa.
Arrivai a perdere tutto: affetti, casa, lavoro. Mi sono trovato come un verme, nudo e appeso a un maledetto amo, in attesa della prima trota di passaggio. Insomma, il classico baratro in fondo al quale, di tanto in tanto, si finisce.

C’è un’ampia letteratura che parla del baratro.
Film, romanzi, poesie. Un sacco di gente che ci è finita e che ha fatto qualcosa di eroico per tirarsi su. Gente che ha perduto imperi e che ha ricostruito mondi. Gente con le palle, persone da ammirare.
Perché quando finisci in fondo al baratro, non puoi far altro che risalire. È una bellissima cosa. Mi è sempre piaciuta. Così epica, così enfatica.
Lo sai che è una cazzata, vero?
Lo so, nei film lo dicono sempre. La triste verità però, è che la vita non è un film.
Eccoti quindi le due regolette cardine da tenere a mente quando si va a fondo:

  1. non esiste il fondo
  2. hai più possibilità di andare giù che su

Non esiste il baratro. Voglio dire, non c’è un punto oltre al quale peggio di così non puoi andare. La meraviglia della sofferenza è che si può scendere sempre di più. Le scale per l’inferno non hanno una fine.
E quando pensi di aver toccato il fondo e di sguazzare nel limo, nessuno ti garantisce una risalita. Puoi sempre decidere che la merda ti si addice e che sia meglio ingozzarsi a pantegane e pesci di palude. C’hai presente Gollum? Ecco, uguale.

Bene, abbiamo ridimensionato l’epica del crollo. Non è figo finire nella merda per poi risalire. Talvolta, anzi, spesso, andare a fondo implica solamente l’andare a fondo. Per questo chi riesce a ritornare è un eroe. Se fosse facile, se ritornare dalla giungla del Vietnam fosse una sciocchezza, Chuck Norris non ci avrebbe fatto 4 film e il suo calcio rotante al rallenty ripreso da diecimila angolazioni diverse non sarebbe mai diventato un must del cinema d’azione.

Anch'io voglio un'action figure del Colonnello Braddock!
Anch’io voglio un’action figure del Colonnello Braddock!

Ritornare a galla è un po’ fare come il vecchio Chuck. Tornare a riprendere una parte di te, dispersa in azione in una giungla mentale. Il labirinto in cui ti dibatti l’avrai pur costruito tu, ma non per questo è meno avvolgente. Dico te, per dire io.
Ci vogliono tanta forza e tanto coraggio, o un’arma automatica, in alternativa.

E quando riemergi dalla giungla, sempre ammesso che tu ci riesca, non sei più quello di prima. Hai perduto qualcosa, hai ottenuto qualcosa. Sei un po’ di più e un po’ di meno di prima. E non sei sempre sicuro che ti piaccia.

Ma questa è un’altra storia.

 

…to be continued?

 

 

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