Ulissippo e il buco del culo dell’Universo – prima parte

Un ringraziamento a Simonetta, per avermi involontariamente ispirato il personaggio di Ulissippo.

Prima di crepare ci sono due cose che voglio fare: sputtanarmi il conto in banca a troie e raccontare la storia di Ulissippo. Comincerò dalla seconda.

La prima volta che lessi qualcosa di Ulissippo pensai che fosse un coglione. Uno con un nome così idiota ha un destino segnato. Ora, a 90 anni suonati, con un piede nella fossa e l’altro pure, tengo in mano il suo ultimo romanzo. E penso sempre che sia un coglione.
Ci sono coglioni e coglioni. Ulissippo era di quelli che disprezzi, ma solo perché alla fine li vuoi imitare. Perché hanno qualcosa che non sai neanche tu. Forse perché sei un coglione pure te, in fondo.

Ulissippo era un coglione, ma vedeva lontano. Così lontano che il suo sguardo superava le montagne, i mari, i fiumi e gli oceani. Superava la linea dell’equatore, faceva il giro del globo e tornava indietro. Di fatto, Ulissippo era l’unico uomo al mondo in grado di vedersi il buco del culo guardando sempre avanti. Guardare avanti per guardare indietro. Niente passato, né futuro. Lui vedeva solo il suo buco del culo. E così creava.
Non sono mai riuscito a farlo: guardarmi il buco del culo stando in piedi. Per questo non sono mai riuscito a essere Ulissippo.

Lui era nato creativo. E all’inizio di questa storia si trovava su una zattera di fortuna a caracollare nell’immensità del mare e aveva con sé solo una scatola con tutti i suoi ricordi, la sua creatività e il suo nome. Ulissippo. Quando il mito greco incontra il ghiacciolo simbolo degli anni ’80.

Quando gli chiesi “chi cazzo ti ha dato ‘sto nome di merda?”, lui mi rispose che la verità, come spesso accade ai più, è inconoscibile. Un po’ come le stragi di mafia, che qualcuno le ha fatte ma nessuno sa chi è stato. E di fatto, è come se non le avesse fatte nessuno. Ok, a parte i morti, ma quello è un dettaglio. E così fu anche per Ulissippo. Qualcuno gli diede quel nome, ma nessuno ricorda chi. E forse è meglio così.

E ora se ne stava su un relitto in mezzo al mare, il buon Ulissippo.
Durante la sua vita aveva esplorato tutti gli ambiti della creatività umana, cercando le risposte fondamentali.
Io lo conobbi che stava sempre in mezzo ai coglioni e ti fissava con lo sguardo spento da rospo. Non so se l’hai mai fatto. Fissare un rospo, intendo. Dopo un po’ che punti gli occhi dentro quello sguardo di liquida inconsistenza, ti sorge spontanea la domanda: ma che cazzo sto facendo? Ecco, Ulissippo ti faceva sentire così, se lo guardavi.
Lui mi disse in seguito che il motivo è che cercava le risposte, ma non aveva trovato le domande. E quindi stava zitto, in attesa che qualcuno desse la risposta a una domanda mai fatta.
Cazzo, se era avanti!

Ulissippo raggiunse la notorietà dopo la sua seconda apparizione televisiva. Della prima non ci è dato di sapere nulla.
Era un’intervista per una nota tivù locale. Quel giorno aveva con sé uno specchio. Si sedette e lo poggiò in terra.
«Perché sta lì quello specchio?» chiese il conduttore dello show.
«Serve per guardarmi.» rispose lui «Mi ci metto sopra e mi guardo.»
Risata del pubblico.
«Da lì al massimo puoi guardarti il buco del culo.»
Altre risate.
«Bisogna guardarsi dentro.» disse lui « Se non ti guardi dentro non capisci cosa c’è fuori.»
Era serio davvero. Quel giorno mi fissò con quello sguardo da rospo che in seguito imparai a conoscere così bene. Cominciai a grattarmi. Non so se perché. Forse qualcosa di quell’insondabile saggezza mi provocava l’orticaria, o forse non mi ero lavato dall’ultima volta che avevo fatto sesso con Monica, la stagista ventenne che assisteva al make up. Le avevo promesso di mettere una buona parola per lei.

Vedete, prima di quell’intervista non avevo mai sentito il nome di Ulissippo, né avevo mai letto niente di suo.
A 17 anni, dopo aver ripetuto la scuola media per un numero indefinito di volte, Ulissippo decise che sarebbe andato al liceo. Sua madre allora lo prese a calci in culo finché non lo convinse a fare il muratore. Quel giorno, a dieci e passa anni di distanza, lui tirava fuori un pezzo di carta e recitava una poesia che diceva essere stata selezionata per un concorso a livello nazionale. Non disse mai quale. Si intitolava: “Ode di un mattone scheggiato”.
In realtà quando la lesse pensai che il suo cervello, il giorno della nascita, fosse rimasto in sala parto, alla mercé di medici senza scrupoli che avevano venduto la propria anima all’industria bellica e che facevano esperimenti per il controllo della mente a distanza.
Fu un successo.
Quella poesia era criptica e senza senso. In una parola: incomprensibile. Non sapevi nemmeno dire se ti piacesse o ti facesse vomitare. Si dice che qualcuno svenne durante la lettura, altri furono presi da un attacco d’asma. Voci. Niente di concreto.
I critici però lo amavano. Oh, quello sì che era vero! Non capivano un cazzo di niente, quindi potevano dire di lui quello che volevano. Più d’uno si costruì un’effimera carriera sulla critica e l’analisi delle opere e la vita di Ulissippo. E quando Ulissippo se ne andò, loro affondarono con lui. Fanculo!

Da quell’intervista cominciò il mito di Ulissippo. Ci misero poco i media a capire che la gente si stava identificando in lui. Perché era uno che aveva il coraggio di dire ciò che pensava, anche quando non pensava niente. Sparava idiozie con aria da santone, ma senza pretendere di farsi passare per tale. E nessuno riuscì mai a capire se riteneva di esserlo o meno.

Ricordo una sera in cui eravamo accampati in un alberghetto di periferia. Accampati è la parola giusta: sembravamo un’allegra combriccola di giovani marmotte radunate attorno al falò. Solo che non c’era il falò. E nemmeno le marmotte erano poi tanto giovani. Di fumo invece ce n’era in abbondanza.
«Cerchiamo il senso della vita?» chiesi, mentre tentavo di rollare l’ennesima canna.
Avevo perso il conto quella sera. Credo di non aver mai avuto in bocca niente per così tanto tempo, se non la tetta di mia madre. Ero troppo piccolo per la marijuana all’epoca.
Ulissippo mi aveva guardato con due occhi stralunati.
«No, sto aspettando che mi rolli quella fottuta canna.»
Era negato per queste cose. Forse anche per quello gli servivo io. Gliela passai.
«Ma tu sei un fottuto santone del cazzo, o cosa?» dissi.
Lui aspirò una lunga boccata e tenne il fumo in bocca per un’eternità. Quando pensai che fosse ormai morto si riprese e mi incollò quei dannati occhietti da rospo addosso.
«Io mi guardo il buco del culo» disse «È tutto ciò che mi serve.»
Ecco, Ulissippo era talmente, fottutamente incomprensibile, che nel tentativo di capirlo ti innamoravi di lui. A partire dal nome. Ulissippo, quando il mito greco incontra il ghiacciolo alla menta.

Pochi mesi più tardi da quell’intervista partì un reality. Ulissippo ne era il protagonista unico e indiscusso. La gente avrebbe saputo cosa faceva, dove andava, con chi faceva cosa, quando, dove, come e perché. Una troupe l’avrebbe seguito notte e giorno, e avrebbe mostrato al mondo i suoi segreti.
Non bastava mettere una telecamera fissa alle calcagna di Ulissippo però. Ci voleva qualcuno che facesse da tramite fra lui e il mondo. Una specie di traduttore mediatico, uno che spiegasse Ulissippo al mondo, perché lui non poteva spiegarsi. Qualcuno che l’aveva guardato negli occhi, ma per davvero.
Fu scelto il conduttore che l’aveva intervistato nella sua seconda apparizione televisiva. Della prima, se mai davvero c’era stata, non esisteva memoria alcuna.
Non ho mai creduto per un solo istante alle motivazioni che i dirigenti del network addussero a quell’epoca.
Perché tu lo conosci meglio di chiunque altro, dissero. Lui di te si fida. L’hai guardato negli occhi, dissero. Cazzate! La verità era un’altra.
Pochi giorni dopo quell’intervista, Monica si era scazzata alquanto. Aveva saputo, chissà come, che avevo detto a tutti che meraviglia di pompini facesse.
Quattro mesi più tardi, quando partì il reality, non mi stupii per nulla sapere che era diventata segretaria personale del presidente e che aveva più potere lei di tutto il fottuto consiglio di amministrazione.
Non ammise mai quanto avesse funzionato la mia raccomandazione. I dirigenti del network mi ringraziano ancora adesso se mi incontrano per strada.
E così, fui messo alle calcagna di Ulissippo e la mia vita, nel bene e nel male, si svolse tutta nella sua ombra.

Fine prima parte

9 Risposte a “Ulissippo e il buco del culo dell’Universo – prima parte”

  1. Adoro il genere esistenzial-demenziale! E piacevolissimo il retrogusto.
    Hai trovato un equilibrio quasi perfetto tra leggerezza demenziale quasi borderline, abilità tecnica e contenuti.
    Finalmente sei tornato!
    A me piace molto. C’è tanto di te. Bello. Bravo. Bis!

  2. Ah! Una ripetizione nel mio commento! Orrore.
    E questo baraccone antidemocratico e totalitario oltre ad essersi impossessato delle MIE imprecisioni, non mi permette di modificare il MIO scritto.
    Boicottiamolo.
    Errata corrige: “leggerezza demenziale borderline” (senza il quasi).

  3. Scusa, ma è troppo bello il commento numero 2 che non me la sento di correggere il tuo errore (dovrei in seguito cancellare anche il commento, sennò non si capisce una cippa).
    In quanto al boicottaggio, sono d’accordo! Basta con lo strapotere delle piattaforme in WordPress!
    Grazie anche per il commento numero 1. L’ho apprezzato nonostante il “quasi” di troppo.

  4. Lo sapevo, fai parte anche tu del complotto. Da contratto, ora sarei costretta ad ucciderti. Ma voglio leggere le seconda parte di Ulissippo. Dramma.

  5. Geniale!
    vorrei commentare in modo più completo ma al momento mi sto guardando il buco del culo..

    Quando pubblichi il seguito taggami su facebook che non voglio perdermelo! 😉

  6. Ahahahah! Fai con comodo, il buco del culo prima di tutto!
    Taggherò di certo, grazie.

  7. Finalmente sei tornato! Alle tante!! Bello il racconto, si sente che hai del fottutissimo talento, ragazzo!! Hai talento fin dentro il buco del culo!!! 😉 Unico appunto, il calippo alla menta non esiste, cazzo!!! Verifica bene la veridicità delle tue (ec)citazioni e delle tabelle dei gelati!! Alla seconda parte!!!

  8. Ahahah! Grande nickmane! Grazie ma…davvero il calippo alla menta non esiste??? Io da piccolo mangiavo solo quello…era verde…non mi dire che mi sono auto suggestionato per anni, pensando che quello al limone fosse alla menta???
    La seconda e ultima parte la prossima settimana. A presto!

  9. Ahahahahha!!!
    Il nome è impronunciabile! Non riesco a dirlo, mi si lega la lingua! Ahhahah!
    Un’altro mostro demenziale hai creato! Vado a leggere la seconda parte mentre finisco di ridere… Hihihihihihi!!!

I commenti sono chiusi.

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