La memoria delle cose perdute

Il porcellino si è rotto. E le monete sono rotolate tutte in terra, sul pavimento polveroso del garage. Manco so da quanto ce lo avessi. Potrei quasi dire di essere nato con lui. Rosso, col musetto simpatico, e una fessura in cui infilare il monetame. Fosse stato in plastica ora sarebbe ancora qui. Ma la ceramica e la gravità non vanno d’accordo.
Ha resistito a mille traslochi il porcello, sempre col suo carico di monetine. Prima ha visto le lire, cento, duecento, raramente cinquecento. Poi sono arrivati gli euro, con la sfilza dei centesimi. Con quelli ha davvero avuto un senso, che non sai mai dove metterli quei dannati nichelini. Non ho mai saputo quanto avesse dentro. Ogni tanto lo svuotavo all’occorrenza.
E’ sempre stato con me, fino al giorno in cui mi è scivolato dalla mano. Nemmeno dieci centimetri da terra ed è andato in pezzi. Come dicevo, ceramica e gravità sono una pessima combinazione.
C’è un’intelligenza nella distruzione?
Quel salvadanaio, che ha resistito a traslochi e sollecitazioni di ogni genere, mi va in pezzi proprio durante l’ultimo repulisti del garage. Quello definitivo. Quello dell’addio.
Quello del “non penso di ritornare qui”.
Qui non è un luogo. E’ uno stato, un luogo della mente, una tappa dell’evoluzione.

Il porcellino si è spezzato.
Ed è allora che mi accorgo. Mi accorgo che me ne sto andando, e che la memoria delle cose che si sono accatastate nel garage, le suppellettili, i ninnoli, le videocassette, libri e fumetti, le mille carabattole, altro non sono che vestigia del passato.
Un passato che preme alle porte del futuro e lo invade, ogni giorno, del suo richiamo affascinante.
“Rimani qui” mi dice. “Rimani, che qui domini il futuro, perché di fatto non ne hai alcuno.”
La paura del futuro è un motivo più che valido per negarselo.

Ma il porcellino è andato, e nell’innegabile verità di questo evento, ne emerge prepotente un’altra: quando una cosa rimane stipata in un garage per cinque anni, significa che non la userò di certo ora. Non l’ho mai utilizzata. Di fatto, non mi serve.
Sospiro.
Sono pronto al balzo?
Non lo so, ma so che con il salvadanaio se ne andranno libri, VHS e carabattole. Ninnoli e tazzine, appunti di quaderno e documenti, ombrelli ritorti, scarpe vecchie, maglioni infeltriti e giacche stinte, spartiti di chitarra e cd masterizzati di sconosciuti gruppi funk. Che a me manco piace il funk, ma nel turbine del download selvaggio, perché negarsi qualche cosa?

Il porcellino è andato e con lui andrà una parte del passato.
Basterà affinché non invada ancora il mio presente, collassando sul futuro? Non lo so, ma vado avanti. E prego che la memoria delle cose perdute non torni a inquinare la vita nuova che sto, faticosamente, cominciando a scegliere.

Ho paura.

7 Risposte a “La memoria delle cose perdute”

  1. Siamo sempre troppo rivolti verso il passato.
    Vivi il presente e non aver paura del futuro.

  2. Wow, mi sorprende sempre la tua capacità di tenere incollati gli occhi sui tuoi scritti. Unica direi, non credo di aver letto altro autore che riesca in questo modo a catturarmi sempre, anche quando ho gli occhi stanchi (a parte Gioia… Ma evidentemente esiste davvero l’anima gemella *-*)

    “Ma la ceramica e la gravità non vanno d’accordo.” Eh si eh? Ahahahahaha!

    “Qui non è un luogo. E’ uno stato, un luogo della mente, una tappa dell’evoluzione.” Stupenda questa frase, quanti ricordi e quanti addii alle “cose”…

    “Che a me manco piace il funk, ma nel turbine del download selvaggio, perché negarsi qualche cosa?” Ahahahahah!

    Vabbè ho finito di copiare qui il tuo testo, lo so non ha senso XD

    Bellissimo pezzo, ottimo finale. Hai paura è normale, più difficile è affrontarla la paura e tu lo stai facendo. Come dicono? Non esiste eroe senza paura…

    Felicissima di questa tua nuova vita, augurissimi Matty!

  3. Bravo, Matteo. Come sempre, nei tuoi pezzi, la riflessione su argomenti seri s’inntreccia all’ironia che ne smorza la gravità ma che, pure, ne sottolinea i contorni con un tratto quasi sbadato.
    Il nostro passato è ciò che ci ha reso quello che siamo, oggi, e che probabilmente condizionerà – poco o molto – quello che saremo domani. Sarebbe fantastico se imparassimo a vivere nel presente senza rimpiangere il passato o temere il futuro.

  4. Grazie a tutte, per i consigli e soprattutto per aver apprezzato il pezzo.

    E nello specifico, grazie a Gioia per evidenziare, anche quando io non me ne accorgo, il lato ironico dei miei racconti che è un po’ la cifra della mia vita in fondo.
    E grazie a Simonetta per entrarmi dentro come nessun altro sa fare quando scrivo.

  5. Ciao Matteo, bello il tuo racconto del saluto alla vita di prima, e dell’accogliere quella di adesso ,paure connesse.

  6. Non so se l’ho accolta, diciamo che ci sto tentando…
    Son contento che ti sia piaciuto il racconto, grazie della visita.

I commenti sono chiusi.

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