Grazie per il prosciutto

Storia dei mondi che non esistono e delle persone che li abitano

Quando vado a casa di vegetariani non mi aspetto granchè.
Sono un carnivoro impenitente, giustamente convinto della necessità di sgozzare teneri animaletti per il sollazzo del mio stomaco e del mio intestino.
E vaffanculo a chi mi dice che la carne fa male!
Quando avevo 15 anni, per affermare me stesso contro la solita madre oppressiva (quale madre non lo è quando hai 15 anni?), ho dichiarato: basta verdura!
E ho mantenuto fede all’impegno, per i successivi 18 anni! Una stupidità veramente encomiabile!

A quindici anni l’affermazione di sé passa anche attraverso eventi auto lesivi.
E negarsi un alimento sano, anche se non è paragonabile a schiantarsi con la moto, è comunque un evento deleterio.
Purtroppo non avevo l’anima del teppista e il meglio che potevo fare per contrastare i miei era smetterla con le insalate.
Lo so, è patetico. Ma è andata così.

Dicevo poc’anzi, che a casa di vegetariani non mi aspetto nulla di interessante.
La verità è che io prima di allora non ero mai stato a casa di vegetariani. Io non conoscevo amici vegetariani e se li conoscevo non sapevo che lo fossero.
Perché se l’avessi saputo, probabilmente non sarebbero stati miei amici.
Semplice no?

Il vegetariano è il musulmano del cibo. Ti deve convertire.
Magari non te lo dice, però ci prova sempre a insinuare il dubbio che una dieta povera di proteine animali potrebbe farti bene. Avrà anche ragione, ma il problema è un altro. Chi te l’ha chiesto? Sei il mio dietologo?

La verità è che i vegetariani mi stanno sinceramente sulle palle.
Ti guardano dall’alto della loro scelta etica che, in quanto tale, li rende superiori a te, schifoso affettatore di porci e scannatore di polli.
Loro sono migliori. Non te lo dicono, ma te la senti cucita addosso la parte del serial killer.
Io li detesto i vegetariani.
E per fortuna che sono umani, altrimenti me li mangerei al forno con le patate!

Quel giorno non ero però animato da barbare riflessioni.
Era mercoledì, credo e il sole picchiava come dovrebbe picchiare a giugno. Potrebbe sembrare un’affermazione scontata, ma dopo una primavera che è sembrata tardo autunno, il sole pre-estivo sembra quasi una sorta di miracolo.
Cercavo una casa immersa nel verde, con una vista sulla valle veramente stupenda. Cercavo una casa dove abitava una vegetariana.

“Mi spiace, niente bistecca – mi aveva detto lei al telefono.

Avevamo avuto uno scambio equo e solidale la settimana precedente, sulle nostre rispettive scelte culinarie. Lei sapeva del mio deciso schieramento per la barbarie pollicida. Però non aveva detto nulla. Non mi aveva guardato dall’alto in basso. Non mi aveva fatto lezione sui danni delle proteine animali.
Invece mi aveva raccontato di un pazzo giapponese che dice “ti amo” a una bottiglia d’acqua e poi fotografa i cristalli che si formano. Una roba mistico-new age che neanche sotto l’effetto di potenti acidi lisergici avrei mai considerato in vita mia. Invece, mi sono trovato a rimanere in silenzio e a prendere in seria considerazione quello che mi raccontava. Io?

Quel giorno non capii bene cos’era successo. Avevamo condiviso delle cose, pur nella nostra assoluta diversità. Ma come mai? Forse perché, per la prima volta, non mi ero dovuto difendere nella mia scelta di squartare manzi e insaccare maiali?
Quel giorno, ripeto, non avevo compreso cos’era successo. Ma l’ho capito in seguito, in quell’assolato mercoledì di giugno.
Non mi aspettavo bistecche in verità. Come dicevo, non mi aspettavo niente.
Entrai in quella casa piuttosto sereno. Sapevo solo che non mi dovevo difendere.

Io non sono il tipo che fa complimenti sulle case. Non me ne importa nulla. Lo so che la casa dovrebbe dire molto sulla personalità del proprietario, ma a me dice solo che è arredata con molto più gusto della mia. E soprattutto, mi dice che gli altri hanno una casa loro e io invece no.

Ma quella casa era arredata con amore. Questo era chiaro in ogni oggettino appeso al muro o sistemato sullo scaffale.
Una moglie, un marito, una figlia. E una casa lieta per ospitarli.
Quel giorno marito e figlia erano fuori.
Lei era tutta preoccupata perché era arrivata in ritardo e il pranzo non era ancora pronto. Se avesse saputo che non c’è stato un giorno della mia vita in cui pranzo e cena erano pronti all’ora stabilita! E nemmeno all’ora dopo, se è per quello…

Di solito, le persone che si preoccupano troppo delle comodità dell’ospite mi danno sui nervi. Soprattutto se l’ospite sono io.
Non mi sento mai a mio agio, mi sembra sempre di disturbare.
Secondo me è la tipica ipocrisia trentina.
Ok, io ti ospito, però sappi che in realtà mi stai dando fastidio.
Qualcuno potrebbe dire che sono troppo maligno e prevenuto nei confronti dei miei conterranei. Forse è vero, ma non mi interessa. E poi ci sono affezionato ai miei pregiudizi!

Quel giorno però c’era qualcosa di diverso. La premura e la preoccupazione per il mio benessere non erano una facciata. Niente frasi di rito tipicamente nordiche. Questa persona sembrava realmente interessata al mio benessere. Quel pranzo doveva essere soddisfacente. Perché io dovevo essere soddisfatto.

Mi ha fatto una pasta gustosissima, mi ha fatto i pomodori (i pomodori li mangio. Non spesso, ma li mangio) e poi… poi ha tirato fuori il prosciutto!

Cosa? Il prosciutto? Ma…
Sì, proprio quello, la parte più tenera e delicata del porco!

Ma non un prosciutto qualsiasi.
No, aveva comprato, apposta per me, un etto e mezzo di crudo!

Non so quale tipo, ma era dolce e si scioglieva in bocca come fosse burro, accarezzava le papille con quel suo gusto delicato e robusto al tempo stesso.
Quello non era semplice prosciutto. Era maiale trasfigurato in arte.
Fatevelo dire da un esperto.

Lo giuro, ero commosso.

“Mi spiace, la bistecca non ce la facevo proprio. Mi faceva senso.”
Perché, il prosciutto no? Certo che sì, forse solo un po’ meno della bistecca. E per questo, lei l’aveva preso. E non era certo andata a caso, perché era tagliato come doveva essere tagliato ed era più buono di come ricordavo fosse il prosciutto crudo. Avevano fatto un incantesimo su quel porco?

Insomma, mi sono strafogato a prosciutto in casa di una persona che aveva orrore del massacro degli animali. Al punto da decidere di non cibarsene.
Ma lo aveva comprato per me, perché sapeva che mi piaceva.
Cosa puoi dire a una persona così? Che cosa pensate che abbia detto?

Grazie. Grazie per il prosciutto.
E basta.

Perché, cos’altro potevo dire?
C’era un intero mondo dietro a quel prosciutto, ma chissà se lei ne era consapevole. Una persona che rende liete le persone con tale naturalezza, forse considera tutto ciò normalità.
Ma per me, in quel pranzo, c’è stato ben poco di normale.

Quanti mondi possono esistere a questo mondo?
Infiniti, tutti quelli che noi decidiamo di creare.
Carnivoro, vegetariano, animalista, abortista, di destra, di sinistra, metallaro, rapper, fanatico di calcio, amante della montagna, razzista, credente, ateo e chi più ne ha, più ne metta. La lista è virtualmente infinita.
Ogni definizione che diamo include qualcosa ed esclude tutto il resto.
Esclude tutti gli altri.
Chi non è come me, non può entrare nel mio mondo.

Ma quel giorno, durante quel pranzo, è successo l’impensabile.
Una vegetariana mi ha offerto del prosciutto crudo.
Per il semplice fatto che amo la carne. Anche se a lei fa ribrezzo.

È uscita dal suo mondo ed è entrata nel mio.
È entrata nel mio mondo e ha infranto le barriere.
I mondi sono caduti perché in realtà non esistono.

Esistono solo le persone.
Le persone che abitano il mondo.
L’unico che abbiamo, l’unico dove abbia senso vivere.
L’unico, dove le persone sono solamente persone.

Rimarrò un carnivoro. Continuerò a mangiare pollo arrosto, non dirò no di fronte ad una braciola di maiale in conza.
Ma quel mondo al di là dei mondi che ho visitato mi affascina.
Un mondo dove io sono io e dove tu sei tu e ciò che ci scambiamo non passa attraverso la definizione che noi o qualcun altro ci ha dato.
Un mondo dove le persone sono solamente e semplicemente, persone.

Un mondo dove qualche volta potrò anche mangiare un’insalata.

8 Risposte a “Grazie per il prosciutto”

  1. Direi che il sottotitolo riassume il tutto.
    Racconto simpatico di una profondità unica. Sai cosa ho notato? Che adoro l’inizio e la fine dei tuoi racconti. Sanno catturare l’attenzione e farsi ricordare. Certo il meglio sta in mezzo… XD
    Tra i miei preferiti questo racconto, complimenti Matty!

  2. Grazie! Che bello, ritirare fuori i vecchi racconti. Questo è forse l’unico dove dichiaro in maniera esplicita un mio modo di pensare. Per questo motivo, questo racconto è unico nel suo genere. Ma aveva le sue ragioni di essere scritto così.
    Grazie ancora, Simonetta.

  3. Mi avevi incuriosito. Sono felice di averlo letto.
    Bellissimo.
    Come sempre.

  4. Grazie! E grazie anche di aver tirato fuori questo racconto. Questo l’ho spedito a un concorso. Speriamo bene!

  5. Ora ho capito la storia del prosciutto.
    Bello anche questo racconto, ma tu sei davvero così profondo?
    Scrivi frasi che fanno rabbrividere!
    Complimenti!

  6. Ciao Loredana, becco un commento a caso per darti il benvenuto ufficiale sul blog. Grazie dell’apprezzamento e di esserti anche informata sul prosciutto.

I commenti sono chiusi.

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