L’anno che vidi i Megadeth (1/4)

Parte Prima (1 di 4)

Nell’ottobre di quell’anno vidi i Megadeth.
Decisi all’ultimo giorno. I biglietti erano ormai esauriti.
Partii ugualmente. Andai da solo, a Milano, senza avere il biglietto, senza sapere dove fosse il concerto.
Quando fui lì, trovai la voce aspra e acida di Dave Mustaine, la chitarra funambolica di Marty Friedman, la potenza e la rabbia del trhash metal.
Non fecero Tornado of Souls, non è stato il concerto più bello della mia vita.
Però… erano pur sempre i Megadeth.

***

Quell’anno era il 1998. L’anno del concorso.
Non so chi avesse avuto l’idea.
Forse io, forse Mauro.
“Ragazzi, quest’anno ci iscriviamo a Giovani in Musica!”
Avevamo visto le precedenti due edizioni. Il concorso musicale più tarocco del trentino. Si vince per votazione, per alzata di mano del pubblico.
Ergo, chi porta più amici, vince.
Un’occasione ghiotta per un gruppo sconosciuto come il nostro.
I Terapia d’Urto erano nati l’anno prima dalle ceneri del mio primo gruppo, messo su in quinta liceo.
A metà del primo anno di università Mauro viene da me e mi dice:
“Rimettiamo su il gruppo. C’è mio cugino tastierista che vorrebbe provare.”
Tu canti, io cazzeggio con la chitarra. C’è perfino il cugino tastierista. Che si poteva volere di più? Magari un basso e una batteria?
Via con gli annunci in tutto il territorio universitario!
Fu una selezione durissima. Nessun bassista serio voleva accordarci fiducia. Alla fine abbiamo dovuto accettare il primo che si era proposto. Simpaticissimo, ma una vera chiavica al basso. Non gliel’abbiamo mai detto.
E comunque, nemmeno noi brillavamo.
Il batterista era un amico di amici musicisti. Loro facevano solo cover e lui si era rotto. Voleva sperimentarsi in qualcosa dove sentirsi più libero. Dove nessuno gli avrebbe detto cosa e come suonare. Illuso, non mi conosceva!
Credo che trovammo il nome del gruppo l’anno seguente, quando ormai eravamo avviati nella nostra attività produttiva.
Il nome è la parte che vorrei sempre saltare. Cinque teste, cinque idee.
Ma solo una che conta: la mia. Come farlo capire agli altri però?
I Terapia d’Urto erano la mia creatura. Con Mauro già da tempo avevamo deciso la nostra mission e ci eravamo spartiti i ruoli.
Niente cover. Era il nostro motto. Solo pezzi nostri.
Io non scrivevo testi. Lui non scriveva canzoni. E non lo faceva nessun altro. Questo era un accordo tacito, ma valido. E comunque, un creativo in un gruppo basta e avanza, soprattutto se è un chitarrista.
Era il maggio 1998. L’anno del concorso per giovani band.
L’anno dei Terapia d’Urto.
Eravamo pronti.
Cinque pezzi per partecipare. Noi ne avevamo ben sette.
Nessuno di noi sapeva realmente suonare il proprio strumento.
Conoscevo tre accordi e forse la pentatonica di LA maggiore.
Ancora oggi mi domando come facevamo a comporre delle canzoni.
A nessuno era mai sembrato un problema all’epoca.
Scrivevamo pezzi nostri perché era più facile che imparare quelli scritti da altri. Suonavamo pezzi nostri perché erano nostri.
Scrivere un pezzo è quasi un parto. C’è pure la sofferenza di non riuscire a fare capire al bassista quali accordi suonare e al batterista che non può rullare dove, come e quando gli pare.
Un gruppo richiede disciplina. La democrazia non è contemplata.
Ed io non la contemplavo.
Non è che impedissi agli altri di essere creativi. Ma gli altri lo erano?
Direi di no. La maggior parte dei musicisti va al traino di qualcuno creativamente più dotato. Se fossimo stati tutti creativi ci saremmo dovuti mettere d’accordo.
Io odio dovermi mettere d’accordo. A me piace avere ragione.
Alla fine il parto è completo e tu rimiri con soddisfazione quello che hai prodotto. È lì, davanti a te ed è tutto tuo.
La tua creazione, la tua personale opera d’arte.
Non era arte. Nemmeno si avvicinava ad esserlo.
Forse non era nemmeno un’opera.
Ma era nostra. La nostra musica. Frutto di sessioni di prove al gelo invernale, di cene consumate al volo, di occhiaie la mattina seguente.
E per noi, suonatori scalcinati e dilettanti, era il meglio che ci fosse al mondo.
Quell’anno è stato il nostro debutto.
L’anno in cui tutto è iniziato. L’anno in cui tutto è terminato.
Ma all’epoca non potevamo saperlo.
Ci siamo solo iscritti e siamo andati.
Salire su un palco è stata un’esperienza indescrivibile.
Anche perché non era un palco.
Era una pedana, stava a meno di 10 centimetri da terra. Ma anche così avevi la testa che svettava e la sensazione di avere gli occhi di tutti puntati addosso.
Tutti che ci guardano. Tutti che mi guardano.
Un pensiero subitaneo… ora mollo tutto e scappo!
Ma il tastierista ha già cominciato la sua introduzione e le vie di fuga sono tagliate! Lo show è iniziato!

16 Risposte a “L’anno che vidi i Megadeth (1/4)”

  1. Guarda, mi vengon le lacrime a pensarci… a pensare al freddo di quella sala a ville, di quella cantina in bondone, del soggiorno di max… della thunder rossa che sembravan i bidoni del dixan, della uno bianca stracarica e con il motore per terra, delle cazzate di roby, delle cazzate di mauro, delle cazzate di max, delle cazzate tue. Oh, scusa, non volevo esser sboccato! Che tempi memorabili! E che forte, un racconto sui TdU o per lo meno un racconto – se non incentrato su di loro – con loro! Io posso avere una parte di ruolo? O di spicco? Lo sai, sono sempre stato megalomane, non per niente iniziavo quasi sempre io tutti i pezzi! Tanananananananananananananannanananananaaaa…. questo per esempio era l’intro di Berenice… lo so perchè ho scritto IO! Ah Ah Ah!!! Grande Teo, sono curioso di leggere le altre 2 parti!! Ottimo blog!! A presto!!

  2. Grande Fabrizio! Mi credi se ti dico che mi commuovo io a leggere questo commento?
    E che dire di Filippone, che sappiamo tutti perchè si chiamava così? E Nando Fer, il cagotto, i crampi alle piante dei piedi di Roby, Chiara che ricordava solo due parole di “Potere di Sabbia” , hai magnato i biurstel?, il petting anale e la diarrea assassina?
    E vai tranquillo: sul mio blog il turpiloquio è ammesso, quando non addirittura caldeggiato!
    Grazie di tutto. A presto!

  3. Ve chi ghè! Anche Fabri Fibra a commentare l’operato di Matte! 😀

    Questo racconto è uno dei miei preferiti! Evidenzia l’anima rock dei rockettari! E’ una bomba!
    Grande!

  4. Grazie mille Chiaretta. Felice che tu sia passata qui.
    Sì, in effetti, qui c’è tutto il mio ammmmore per il rock e una serie di ricordi struggenti di tempi che furono (come si evince dai commenti che ti hanno preceduta). Bei tempi…sigh…

  5. E bravo il nostro Matteo!
    Anche musicista, sei proprio un creativo, sin dagli albori!
    Anch’io ho cantato in un complesso, allora si chiamava così, e lo ricordo con tanto piacere ed affetto.

  6. Anche tu sei una musicista! Che bello, non lo sapevo.
    Sono belle esperienze, uniche nel loro genere, vero? E poi, salire su un palco è qualcosa di indescrivibile.
    Grazie ancora, ciao!

  7. Va ben che non faceva parte della line-up ufficiale del gruppo, ma Lord Rutto dove me lo lasci? Grande Teo, un blog da epopea..

  8. Mi sa che dovrò riscriverlo questo racconto e dare il giusto contributo a tutti.
    Non ho mai dimenticato Lord Rutto, l’unico del gruppo con cui si potesse VERAMENTE parlare di musica (cioè di metallo).
    E non è poco.

  9. Io c’ero! E ricorderò sempre l’alzata di mano con il conteggio nell’ex cinema a luci rosse del Roma … e se non è andata così vuol dire che non c’ero e che confondo i ricordi :S

  10. OTTIMA IDEA TEO! Peccato (o per fortuna) che non viviamo più vicini, altrimenti avrei una marea di nuovi gruppi da ascoltare (e, ahimè, nuove folli idee su cui lavorare).

    Vedo peraltro che, su pressanti richieste femminili, ti sei dedicato alle storie polverose, tralasciando la quarta parte del poderoso successo dei TdU. Mi auguro che rimedierai quanto prima parlando anche del concerto a Wembley.

    P.S. Ah comunque ricordi male, il titolo della canzone era “abuso del sedere”
    P.S. 2: W il Nazzareno!

  11. Ciao Mauro, stiamo facendo una reunion online dei TdU fra un pò.
    Idee folli ne ho anch’io. Non so ancora quando, ma metterò sul blog anche le musiche che compongo con Guitar Pro 5. Continua a seguirmi, e vedrai. Molto diverso dallo stile TdU (e poi non ci sono inutili cantanti…).
    L’ultima parte della saga vedrà la luce settimana prossima ormai. Anche perchè, credo che mi prenderò una pausa compleanno. E’ dura stare dietro a tutte ‘ste richieste, sai?
    Mi spiace, ma Wembley non ci sarà.

    ps: Cavolo, che svista!
    ps 2: Il Nazzareno! Come ho fatto a scordarlo?

  12. Ahahah bellissimo questo racconto! La lettura è molto veloce, ammetto che mi abbia attirato subito per il suo argomento (il titolo mi aveva fatto pensare ad un fantasy, non avrei mai immaginato si trattasse di Megadeth inteso come “gruppo musicale”. Credevo piuttosto un popolo xD) In ogni caso, è stata una sorpresa apprezzata anche perchè sono, o meglio sono stata, una musicista/cantante (allo sbaraglio) anche io!!! Leggere questo testo mi ha fatto riflettere, quando dici “scrivere pezzi nostri era come un parto” ti capisco molto bene, in fondo si può dire lo stesso con testi di prosa o poetici, sono parti di noi stessi. Piccolo appunto: inizi dicendo “era il 1998”, poi poco più sotto dici “era il maggio 1998” mi è sembrata una ripetizione inutile, andava magari bene solo “era maggio” o simili 😛 Nota trascurabile comunque…

    Felice d’essere passata, a rileggerci!

  13. Ciao Nashira, sono felice io che tu sia passata. E’ un vero piacere averti ospite sul mio blog.
    E sei la prima che mi corregge in casa! M-I-T-I-C-A!
    Ciao, alla prossima!

    ps: eh, no, i Megadeth sono proprio un gruppo rock. Ad essere precisi, il più grande gruppo metal del fottuto universo! E schiattino pure i fan dei Metallica! Muahahahah!!!

  14. Ah quanti ricordi, quante emozioni…! Anche io ho vissuto tutto questo, avere una band, dover comporre, dover, come dici tu, senza democrazie, imporre agli altri di seguire il buon senso….davvero emozionante e nostalgico. Leggerò volentieri anche il resto.
    Evviva i Megadeth e Dave Mustaine ! Anche se preferivo i primi dischi. Ah solo una nota … tHrash metal. Se scrivi trash significa pattume =P. Non credo fosse voluto visto che dici ‘Ad essere precisi, il più grande gruppo metal del fottuto universo!’
    Grande.

  15. Cacchio, hai ragione sul thrash! Ma poi andrò mai a correggerlo? La triste verità è che non lo farò. Perchè sono pigro. Per un sacco di ragioni. Ma grazie davvero della correzione e del commento.
    Ho apprezzato tantissimo. E poi è sempre bello incontrare un altro musicista metallaro.
    A risentirci!

I commenti sono chiusi.

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