Solo un’altra storia di vampiri

A forza di frequentare persone che scrivono di vampiri, alla fine ne ho scritto anch’io. Assurdo!
Questo racconto è dedicato a Erika, che ringrazio di cuore per le fate, la gerundificazione, il sesso in Pandora, il Malleus Maleficarum e tanto altro.
Buona lettura!

Il buio non era mai veramente tale.
Neon, insegne luminose, fari e lampioni ne penetravano la purezza e disperdevano le tenebre negli anfratti più nascosti.
Kurgan si passò le dita sulle labbra e assaporò il sangue sulla punta della lingua.
A lui piaceva così.
Gli uomini fugavano le tenebre dall’alba dei tempi e ritenevano di essere al sicuro dall’oscurità da loro stessi generata. Chissà, forse avrebbe anche funzionato, se fossero stati i soli a calcare questa terra. In quel mentre percepì finalmente la traccia flebile del sangue.
Sorrise. Quando calavano le tenebre, qualche sfortunato scopriva infine quanto costava l’ignoranza.

Si lasciò cadere giù dal tetto e atterrò in un vicolo buio. Uscì in strada e si inoltrò fra coloro che abitavano i marciapiedi di notte.
La traccia del sangue andava e veniva. Mille odori più forti la coprivano.
Ogni città aveva il suo odore e quella puzzava di scopate, marciume e droga. Puzzava di escrementi e perversione, di corruzione, di puttane e stupri, di tradimenti e solitudine. Puzzava di umanità, tutta quell’umanità malata e triste che alla luce del sole si nascondeva e mostrava un volto che non era il suo. In fondo, gli uomini avevano ragione.
A che servivano i vampiri in un mondo così marcio? Lui era solo la ciliegina sulla torta.

Si inoltrò lungo una via abbastanza trafficata. Ignorò le patetiche offerte delle puttane, evitò un paio di ubriachi e si tenne alla larga da cicatrici e serramanici ambulanti. Un bel massacro sarebbe stato divertente, ma ora aveva cose più importanti.
Fin dagli inizi c’era stata la passione della caccia. Scovare una preda, fiutarla, seguirla, condurla alla sua mercè e poi, chiudere i giochi. E nutrirsi fino a scoppiare.
Nicholas diceva sempre che arrivare fino in fondo era pericoloso. Ma Nicholas era uno stronzo.
E poi tanto era morto.
“Giocare troppo con la preda è pericoloso, Kurgan.”
“Pericoloso per chi, Nicholas? Per la preda, forse.”
“Ci sono delle regole. E tu le devi rispettare, Kurgan.”
“Fottiti! Io mi voglio divertire. E piantala di finire la frase sempre col mio nome.”
“Gli ordini di un Maestro non si discutono, Kurgan.”

E aveva sorriso, il bastardo, conscio della propria superiorità.
Kurgan interruppe il flusso di pensieri e indirizzò il suo potere verso la preda. Era lontana, ma la sua chiaroveggenza andava ben al di là di quei quattro miseri isolati.
Lei ora era vicino a dei poliziotti.
Kurgan si concentrò sulle loro menti. Loro non la videro e lei non vide loro. Continuò a correre, affannata, nella direzione che lui aveva scelto.
Kurgan si fermò. Era affranto. Era stata dura questa volta. La testa gli girava e aveva la fronte in fiamme. Liberare una preda in mezzo alla città e impedire che venisse a contatto con chiunque era difficile, oltreché uno spreco assurdo di energie.
Nicholas si sarebbe incazzato un sacco.
“Quando fai così abbassi le difese, Kurgan.”
Gli pareva ancora di sentirlo. Vecchio stronzo! C’era un solo modo per sopravvivere con le difese basse. Era semplice: bastava eliminare le minacce. E le minacce non erano certo quelle umane.
Le altre creature della notte le aveva uccise tutte. Dopo Nicholas, gli altri erano caduti come mosche. Neanche troppo divertente.
Ma Nicholas…cazzo, ancora se lo ricordava il brivido di quando aveva impalato quello stronzo! Sventrarlo e staccargli gli arti…sublime! E poi, sbranare un Maestro non aveva prezzo. L’unica pecca è che quel sorriso del cazzo non era sparito nemmeno dopo che l’aveva decapitato.
Bè, che ridesse pure all’inferno adesso!

Kurgan respirò a fondo.
La traccia di sangue era ormai svanita, persa nello smog e nell’afa notturna. Ma ben più potente, l’odore della paura della vittima era una scia che non si poteva perdere. Una scarica elettrica lo attraversò tutto. Si riscosse dal torpore e si mise a correre. Era tempo di farla finita. Voleva la sua preda. Voleva vederla con gli occhi, non solo con la mente, scorrere le dita sulla pelle candida e infine, tuffarsi nel suo sangue.
Entrò in un vicolo cieco, deserto e ripieno di immondizia sparsa in terra. La sua preda era lì davanti, che cercava una via d’uscita. Lui le piombò alle spalle con fragore.
La bimba si voltò di scatto, con le spalle al muro.
Il volto era una maschera di terrore. Tremava come una foglia, il corpicino posseduto dalla paura, scosso in ogni sua fibra come se una corrente l’attraversasse.
Lui si accovacciò e si avvicinò. La piccola ferita alla spalla, che le aveva inciso prima di lasciarla andare, aveva quasi smesso di sanguinare.
Kurgan la guardò negli occhi, affascinato. Erano azzurri e splendidi. Non doveva avere più di dieci anni. Un piccolo batuffolo di carne rosata, mai violato, mai oggetto delle attenzioni lubriche degli uomini e della crudeltà del mondo.
Le sfiorò le guance con due dita, lentamente, con tenerezza. Erano paffute e morbide come seta. Lei rimase immobile, solo due lacrime scesero a rigarle il viso. Singhiozzava in silenzio, la piccola!
Questo lo fece eccitare il doppio. Inalò il suo profumo e sospirò. Sapeva di mamma, di cornflakes e di bagnoschiuma alla mela verde, di coperte profumate e di caramelle.
“Non aver paura. – le sussurrò lui all’orecchio – Ora berrò il tuo sangue e sarà una cosa lenta e molto, molto piacevole.”
Sogghignò.
“Per me, almeno.”
Dio, quant’era eccitante! Se la brama di sangue era puro istinto animalesco e la paura strisciante sulla pelle della preda la scintilla che accendeva l’orgasmo, la coscienza del potere di dispensare vita o morte…ah, quella! Quella era poesia!
“Sei così bella… Sai cosa farò invece? Ti scoperò in questo vicolo di merda e ti succhierò il sangue, fino all’ultima goccia, mentre ti vengo dentro. Amore e morte, beltà e orrore, in un unico, affascinante affresco. Cazzo, sono un artista, non trovi?”
Intinse due dita sulla ferita ancora aperta e gliele passò sulla labbra, disegnandone i contorni.

Sentì una fitta lancinante in tutto il corpo. Si alzò in piedi, di scatto, urlando.
La mano destra zampillava come una fontana di sangue. L’indice e il medio erano tranciati.
La bambina scatarrò e sputò in terra un grumo di sangue, insieme a due falangi.
Sorrise, un sorriso sincero e innocente come solo una bimba può avere.
“Giocare con le prede è pericoloso, Kurgan.”
Kurgan spalancò gli occhi e una scarica di terrore puro lo perforò da parte a parte come una lancia.
“Bastardo!”
Si lanciò sulla bambina, per artigliarle il viso. Non fece nemmeno mezzo passo che già era fermo, con il braccio sollevato e immobile, a ghermire l’aria. Sbavò e sbuffò, come un cane rabbioso.
“Tu…tu…tu sei morto!”
La bimbetta socchiuse gli occhioni azzurri e inclinò la testolina di lato. Sorrise.
“Quello che hai fatto a pezzi era solo un succubo. – disse la piccola, con la sua vocina sottile e melodiosa – Un trucchetto vecchio come il cucco. Ma…ah, forse non te l’ho mai insegnato, non è vero, Kurgan?”
Kurgan tese i muscoli allo spasimo e concentrò tutto il suo potere. Sentiva la forza della mente dell’avversario avvolgerlo e soffocarlo come una rete. Provò a forzarla. Cazzo, l’altra volta ce l’aveva fatta! Poteva farlo di nuovo!
La bimba scosse la testa, con aria divertita.
“L’altra volta non ero io. Sei sempre stato lento Kurgan. E poi, dare la caccia a questa bimba ti è costato un grosso sforzo.”
Sorrise ancora. Si avvicinò e alzò la testa. Gli arrivava all’altezza dell’inguine.
“Lo capisci adesso, il senso delle mie parole, Kurgan?”
Kurgan non rispose. Il corpo era scosso da spasmi violenti e dolorosi. Sembrava quasi che stesse per spaccarsi. Sentì la pelle del viso creparsi e un rivolo di sangue colò lungo la guancia e sulla spalla. Poi si aprì un taglio sulla fronte, seguito da uno sulla mano, sul braccio e in breve mille piccoli tagli, mille piccole punture tagliarono, sfregiarono e sezionarono ogni centimetro di pelle del suo corpo.
Il dolore era insopportabile. Era come se gli colasse acciaio fuso sulla pelle. Kurgan cercò di gridare ma non uscì che un rantolo. Le energie lo avevano abbandonato. Cadde in ginocchio, come un sacco floscio, di fronte alla bambina sorridente.
Lei gli accarezzò il viso. Il sangue le inondava le manine e le risaliva lungo il braccio.
“Sei stato bravo. – disse lei con dolcezza. – Hai ucciso tutti gli altri. Ora mi nutrirò di te e sarà come mangiarvi tutti, in una volta sola.”
“Sei un bastardo! – ringhiò lui – Perchè ci hai fatto questo? Sei tu che ci hai creato!”
Lei gli cinse il collo e lo abbracciò. Lo tenne stretto stretto, mentre il sangue fluiva incessante e veniva assorbito dalla sua pelle candida.
“Se ti può consolare. – rispose – Questa è la terza congrega che distruggo.”
Kurgan la sentì appena. Non tremava ormai quasi più. Non sentiva quasi più dolore. Il corpo era un guscio vuoto e la mente vagava, libera dai legami della carne e dai suoi dolori.
“Perchè?” – chiese, fra le lacrime.
La bambina sospirò.
“Sai, la caccia, il sangue, il sesso, dispensare morte, il potere…alla fine tutto quanto stufa. Ma creare dei vampiri, strapparli alla vita, condurli attraverso la dannazione, insegnare loro la caccia, l’ebbrezza e le tentazioni del sangue e poi, quando sono cresciuti, quando sono diventati forti, lasciarli liberi. E insinuare il dubbio. I sospetti, i giochi di potere. Metterli l’uno contro l’altro. E alla fine, sterminarli tutti. Questa, questa è poesia!”
Si sciolse dall’abbraccio e lo guardò negli occhi. Una bambola di porcellana ricoperta di sangue.
“Tu e gli altri vi siete nutriti per anni, diventando potenti. E ora io ho decine di vite, tutte in una. Converrai con me che sia più semplice, comodo e più…ah, come diresti tu? Divertente.”
E si abbandonò a quella risata che Kurgan conosceva così bene. Snudò i canini, orrende lame in quella boccuccia tanto innocente.
“Non temere. – disse – L’ultimo sorso me lo berrò alla vecchia maniera. Va bene la poesia, ma cazzo! Ci sono delle tradizioni da rispettare!”

E gli si avventò contro.

 

8 Risposte a “Solo un’altra storia di vampiri”

  1. Ciao!
    Per la dedica… millemilioni di grazie non sarebbero sufficienti! Altrettanti baci!
    Lo scambio è stato reciproco: mi riferisco al tutto di cui mi parlavi ieri. 😉

    Per il racconto… bellissimo… proprio in linea con i gusti miei.
    Un tantino macabro, ma con una sua morale.
    Un abbraccioso!

  2. Cavolo, non immaginavo che saresti stata così contenta. Bè…mi fa proprio piacere! E sono anche contento che ti piaccia. Un apprezzamento dalla reginetta dei vampiri è sempre gradito.
    Solo una cosa non mi torna. Anche Simonetta dice che c’è una morale. Ma dov’è?
    Volevo solo scrivere un racconto sadico, crudele e possibilmente raccapricciante. Ma sul serio c’è una morale? Pensavo di essere stato solo bastardo.
    Cavolo, mi dev’essere scappata senza volerlo…

  3. Sembra esserci una morale in effetti… Insomma, non sei capace di fare il bastardo al cento per cento! XD
    Bel racconto, complimenti.

    Dunque, un racconto dedicato a Daina, una pagina di diario dedicata a me e Pier Giulio, un racconto bello macabro tutto per Erika… Attenzione, finisce che ogni fan pretenderà una tua dedica!

    Venite gente! Lo scrittore a gettone!!!
    Commentate tre racconti e avrete una dedica tutta per voi! XD (questa volta son licenziata sul serio vero?)
    Scherzo! Son bellissime le tue dediche, solo perchè son tutte spontanee ovviamente 😉

  4. La morale…
    Non fare al altri quello che vorresti non fosse fatto a te.
    Rispetta il tuo pasto.
    Prima o poi il male che hai fatto ti si ritorce contro.

    Mi sona più o meno così XD

    Simonetta… sei fuorissima! ahahahahahahahhahahah!

    Besos!

  5. Santo cielo, che banda di matti!
    Andiamo con ordine: la morale se c’è, è assolutamente involontaria. Tra l’altro, io non scriverei mai in maniera consapevole un racconto con una morale. Forse l’unico che è ho scritto in tal senso è Grazie per il Prosciutto. Ma quella è un’altra storia. Però mi piacciono un sacco le possibili interpretazioni date dai lettori. Quindi, grazie a entrambe per aver scovato una morale.
    Il fatto che io non riesca a essere 100% bastardo mi scoccia un pò però…ma vedrò di rimediare.
    Per quanto attiene al licenziamento, Simonetta, calcolando la differenza costi (zero) e benefici (pochi, ma più di zero), secondo una logica prettamente economica mi conviene tenerti e sopportarti stoicamente…

I commenti sono chiusi.

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