Narciso e Boccadoro di Herman Hesse

Narciso e Boccadoro - Herman Hesse
In ogni storia c’è anche la storia di chi legge e c’è anche la storia della lettura della storia. Complicato?
La storia di una lettura di solito è: apro il libro, lo leggo e quando l’ho finito lo chiudo. Non c’è nulla di eclatante, se non l’interesse per ciò che sto leggendo. La storia della lettura di Narciso e Boccadoro va un po’ diversamente.
Ho iniziato a leggerlo da dove si inizia sempre, dall’inizio.
In questa edizione ci sta anche la prefazione. Le prefazioni di solito mi puzzano. Non ne ho mai capito l’utilità. Secondo me servono solo a dare lavoro a quelle persone che, non riuscendo a scrivere un libro, sono riusciti a entrare nel mercato dell’editoria con il fantomatico ruolo di critici letterari.
Stavolta decido di fare il bravo studentello e di dare una chance alla prefazione. Mi siedo, apro il libro, attacco la prefazione. Dopo due minuti lo chiudo. Mi alzo, faccio una puntatina verso il frigo. Ritorno, riapro. Stessa scena, stesso frigo. Dopo meno di dieci pagine (ma quanto dev’essere lunga una prefazione?) mi dichiaro sconfitto. La prefazione non la mando giù. E’ una lectio magistralis sulla poetica di Herman Hesse, su cosa pensa della vita e su un sacco di cose che non ricordo quindi è inutile parlarne. Mi sento stupido. In quinta liceo le capivo le prefazioni. Infinite discussioni filosofiche sulla visione della vita di un autore, scritta in un linguaggio arcano che solo pochi intimi possono capire. Passati da un pezzo i 18, ho deciso che le critiche letterarie non le reggo più. Il libro viene analizzato, e il suo autore sezionato, analizzato, rielaborato. Mi manca però la cosa fondamentale: ma il libro vi è piaciuto o no? E se sì, perché? E se no, perché?
Ecco, una recensione, una critica secondo me non può esimersi dal partire da questa banale, quanto umana e imprescindibilmente soggettiva, domanda. Altrimenti, di che stiamo parlando?
Perciò partirò anch’io da questa domanda. E la risposta è sì, mi è piaciuto. Ma non subito.
Dopo aver chiuso con la prefazione, attacco il libro. Il primo capitolo si apre con una inutile descrizione di un albero che sta all’ingresso del convento, iniziale teatro della vicenda. E già qui mi girano le balle. Butterei il libro dalla finestra, ma per il momento non ho niente di meglio da fare che leggerlo. Lo leggo. E scopro una cosa che non mi aspettavo: in quel libro c’è tutto. Proprio tutto. Ed è figo. Ma prima, un’inutile digressione.

Se un giorno decidessero di farci una serie televisiva, darebbe dei punti a Games of Thrones. Boccadoro ha un’attività sessuale degna di un attore porno. Qualche licenza poetica, qualche orgia a tre e un po’ di sesso gay fra i due protagonisti, e il gioco è fatto. La serie televisiva più erotica della stagione.
L’inizio.
Boccadoro è in prigione, in catene. Medita sulla propria fine e continua a disperarsi che l’amore l’ha tradito.  Cosa gli è successo? Come ci è finito lì?
Ecco che inizia il lungo excursus…

No. Ma proprio no.
Scordatevi la trama complicata e i mille intrecci. Scordatevi di arrivare alla penultima pagina col fiato sospeso e ancora non avere capito come andrà a finire.
Le trame in fondo sono tutte uguali. Non so se l’avete capito, o se ancora vi baloccate con l’idea che qualcuno inventi qualche cosa di nuovo. La maggior parte delle trame, ridotte all’osso, sono:

  • Lui parte che è un tipo sfigato. E vuole fare qualcosa che non sa fare.
  • Fa un viaggio, di solito fisico, ma anche mentale, tanto è lo stesso, la cosa è simbolica.
  • Fa un sacco di cazzate, impara dai suoi errori, matura, migliora.
  • Riesce a fare la cosa che voleva fare e spesso anche torna al luogo di partenza e mette a frutto quello che ha imparato.
  • Fine della storia

La differenza è che di solito gli autori ci mettono dentro un sacco di trame, contro trame, sotto trame, trame secondarie, e via dicendo, per allungare il brodo e fare risultare la cosa più interessante.
Herman Hesse invece no.
Lui se ne frega, perché si chiama Herman Hesse. Perciò questa parte è per voi, amanti delle trame complesse, che se non ci sono ottanta personaggi e relative sottotrame non iniziate nemmeno a leggere.
Il buon Herman usa due soli personaggi e per l’ottanta per cento del romanzo te ne fa vedere uno solo, Boccadoro (che però tromba per venticinque, non so se la cosa conti o no). Trame complicate? Non Herman!
Lui prende la trama archetipica paro paro e ci costruisce sopra la storia.
Boccadoro arriva al convento, conosce Narciso che lo aiuta a risvegliare la sua vera natura di impenitente tombeur de femme, fugge dal convento, gira il mondo, conosce un sacco di cose, tromba più di un plotone di marines accampati presso un bordello thailandese, fa un sacco di cazzate, rischia la vita, viene salvato in extremis da Narciso, torna al convento con la testa sulle spalle. Metaforicamente e non.
Sì, alla fine tira le cuoia in modo indegno, ma fa lo stesso.
La trama è tutta qua. Non odiatemi se ho fatto spoiler, tanto lo capisci dopo pagina 15 come va a finire.
Eppure…
Eppure in questo libro c’è tutto. Tutto sulla vita, la morte, la passione, il dolore, la creatività, la sessualità, la progettualità, la crescita e la distruzione. C’è l’impulso alla vita, dirompente, irrefrenabile, impossibile da incanalare o gestire e la pulsione di morte, incapace di creare, di mantenere in vita la creazione, di costruire, progettare, produrre dei risultati stabili nel tempo. C’è la lotta fra queste due forze, l’istintualità libera e senza freni e la disciplina che plasma questa energia.

Non è solo un romanzo.
È un libro di psicologia, un libro di vita, un libro di crescita. Solo camuffato. Parla di vita, ma non la vita di qualcun altro, la tua! Parla di te!
Non sai come fa, ma è così. Tutte quelle esperienze, quello stare in bilico fra creare e distruggere, fra energia furiosa e apatia mortifera l’hai provata anche te. E se anche non hai la quantità di trombate del protagonista (io per esempio non le ho), quel dilemma fra la ricerca del piacere e la ricerca di un limite e la ricerca di un equilibrio fra desiderio e volontà, e come mantenere quel piacere, quella spinta, quell’energia creatrice accesa nel tempo, quel dilemma l’hai provato anche tu.
E se non l’hai provato, allora torna alle tue trame bang, bang, birra e tette, “crepa figlio di puttana” e non mi rompere le palle.
Questo libro è intenso, di un’intensità che non c’entra mai con lo svolgimento di una trama complessa, con la costruzione di personaggi rocamboleschi, con l’uso sapiente delle tecniche di scrittura.
Questa intensità la trovi in chi conosce la vita. E te la racconta.

La tua, non quella di altri.

2 Risposte a “Narciso e Boccadoro di Herman Hesse”

  1. Bravo, l’hai letto e l’hai sentito, ero certa che non poteva che farti un ottimo effetto.
    E’ esattamente come dici, ottima recensione, una storia impossibile da raccontare perché se la sintetizzi sembra una cagata, impossibile da sintetizzare…
    L’ho letto che ero poco più che ventenne, se non erro, e mi cambiò totalmente il modo di vedere le cose, e ora tu mi hai fatto venire voglia di rileggere e scoprire se dopo quasi dieci anni cambia qualcosa XD Appena mi torna indietro il libro me lo rileggo 😀

    Questa novità delle recensioni mi piace, come Gioia sai raccontare la tua storia dietro a un libro ed è affascinante! Ti è proprio complicato essere noioso eh? Ahahah!

  2. Ti ringrazio di avermelo fatto conoscere. Secondo me è uno di quei rari libri che parlano della vita e la vita ha mille sfaccettature e significati, che cambiano a seconda di un sacco di fattori. Se lo leggo fra un anno chissà cosa ci scopro!
    Grazie dei complimenti e del commento.

I commenti sono chiusi.

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