Lo zen e l’arte di comprarsi uno Smartphone

Premessa: ho acquistato il primo smartphone della mia vita fra settembre e ottobre 2013. Scrivo questo post con l’intento di mostrare come anche dietro una scelta così semplice possano esserci processi complessi e raffinati. O, in alternativa, come sia possibile scriverne una marea di stronzate. A voi la scelta.


Ok, lo ammetto: il titolo è falso come una promessa di Giuda. Non c’entra un tubo lo zen. Tuttavia questo titolo è un omaggio nemmeno tanto indiretto a Robert Pirsig e al suo splendido romanzo, in seguito alla lettura del quale ho brillantemente superato le avversità per comprarmi uno Smartphone.
Dopo tanto tempo, anche io sono entrato nell’era digitale. Forse con un po’ di ritardo, ma se il tempo è relativo, come dice quel pelatone di Einstein, allora come può esistere un concetto come il ritardo?
Perciò, da oggi sono in rete anch’io. Punto.
E poi chiariamoci: sono sempre stato in ritardo. Scoprii Crazy World degli Scorpions ben oltre il 2000. È uscito dopo la caduta del muro di Berlino, capirai! Conobbi i Metallica col Black Album, che mi sembrò la cosa più dura e violenta mai sentita fino ad allora (venivo dai Dire Straits, non per dire). Scoprii i Megadeth che ormai Friedman se n’era andato già da un pezzo. Scoprii i Queen dopo la morte del mai troppo compianto Freddy. Con i Guns n’ Roses invece ho azzeccato i tempi, strano…

Lo so cosa ti stai chiedendo.
Che ragione può esistere, nel 2014, di scrivere un pezzo su uno smartphone che manco c’ha il 4G, che c’è gente che va in giro con i Google Glass? E soprattutto, a te che leggi e che ti fai questa domanda e hai già cambiato 8 volte il tuo Samsung Galaxy H 7 25, per passare all’Iphone 87 bis, per poi tornare al Nokia Lumia 7342bis Advanced Plus ProPro, che te ne può fregare di quello che scrivo sul mio Advance S da quattro soldi?
In realtà la risposta non la posso dare io. Io posso solo scrivere perché sto scrivendo del mio Smartphone. Che è quello che mi accingo a fare, dopo questa doverosa, quanto totalmente inutile premessa.

Lo Smartphone non è solo un utile aggeggio. È un simbolo. Un simbolo della decadenza morale, della vittoria della tecnologia sull’uomo, della distruzione dei valori di condivisione e socialità, in luogo di un misero surrogato di relazione.
Insomma, ero un tantino rigido. La tecnologia è sempre stata un tallone d’Achille. Non so perché. Aver visto Goldrake e Jeeg Robot a tre anni potrà aver influito?
L’aver deciso che lo Smartphone era utile e andava preso, è stata una bella rottura di uno schema atavico.
Si possono dire moltissime cose sulla rigidità, tutto non buone, ma io andrò contro tendenza e ne parlerò bene. La rigidità è un’ottima cosa. Serve a dare l’illusione di vivere meglio, serve a recintare la realtà, a rinchiuderla in una forma che non faccia paura. È un’illusione, la realtà non si controlla, ma ritengo tuttavia che anche l’illusione sia preferibile, se non si riesce a fare di meglio. Quand’è che crolla la rigidità? Di solito, quando non serve più. A volte avviene in modo naturale, a volte bisogna lavorarci sopra un pochetto. Quando deve andarsene, se ne va. Non prima. Quindi, inutile prendersela troppo se c’è ancora. Si vede che non era il suo momento di uscire di scena.

La cosa è accaduta perché ho utilizzato un metodo che nella mia vita non è mai stato molto in voga. Il mio spacciatore immaginario insiste a dire che si chiama LSD. Io lo chiamo realismo.
Il realismo, oppure, per tirarmela un pochetto con frasi poetiche ad alto impatto emotivo, di quelle che ti fanno collezionare un discreto numero di “mi piace” su Facebook, l’arte di vivere nel qui e ora, è un sistema che permette di formulare frasi complesse del tipo:
Mi serve questa cosa adesso? Sì. Cos’ho a disposizione? Questo e quello. Allora cercherò di fare del mio meglio. Straordinario!
Il fatto che riconosca come straordinaria la miracolosa forza dell’ordinario, la dice lunga su quanto io abbia bazzicato quest’abilità.
Perciò, lo Smartphone non è solo un telefono per chattare su Facebook. È l’irrompere del realismo nella mia esistenza.
Benvenuto realismo! Addio, quell’altra cosa che non è realismo ma che non so come chiamare. Fissità? Rigidità? Paura? Vanno bene tutte e tre.

Ecco dunque la cronaca di come ho utilizzato il realismo per l’acquisto dello Smartphone.

– FINE PRIMA PARTE –

 

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