Dopo opinioni più o meno sensate su mattoni pilastri della narrativa mondiale, volti a sviscerare temi pallosi di fondamentale importanza per il genere umano, eccomi alle prese con un libro che tratta solo ed esclusivamente di divertimento. Questo è un romanzo che stimola quel senso di meraviglia (no, non lo dirò in inglese, anche se fa figo!) che prova un bambino se gli racconti una storia di viaggi interstellari e lo scontro con terribili mostri alieni.
Perciò, prima di continuare la lettura, è meglio se verifichi di appartenere o meno a una delle categorie per cui questo romanzo non è indicato.
Questo libro non è per te se:
- cvedi che la fantascienza non sia navvativa
- pensi che la fantascienza naif, col suo positivismo, con le sue soluzioni geniali quanto ai limiti dell’assurdo, sia una cagata
- credi che un libro debba per forza sollevare questioni pesanti come la Bibbia
- inorridisci alla frase “questo libro è divertente”
- credi che dopo “questo libro è divertente” arrivi una spiegazione ragionata, con citazioni almeno da Hegel, sul concetto di divertimento applicato alla narrativa e, nello specifico, al romanzo in oggetto e che dia una ragione sensata del perché sia moralmente giusto divertirsi durante la lettura (e anche dopo)
- vai in shock anafilattico quando capisci che la spiegazione non arriverà
- giudichi una razza inferiore le persone che si limitano all’utilizzo di “bello” e “mi piace”, riferito a un’opera, senza lanciarsi in una critica ragionata, al cui confronto persino Kant si taglierebbe le palle
…ma soprattutto…
- se non ti piace una storia di viaggi interstellari e lo scontro con terribili MOSTRI ALIENI!
Tutto qui? Non proprio, ma quasi.
Aiuta se dico che questo romanzo è un pilastro della fantascienza, che è un fondamento della space opera, che da qui è stata tratta ispirazione per l’alieno più famoso e letale della fantascienza (se hai pensato E.T., esci subito da questo blog!), che rimani incollato alla pagina, nonostante evidenti debolezze della trama e della scrittura?
Van Vogt ha sempre qualche pecca qua e là, qualche soluzione talmente pacchiana, o ai limiti dell’assurdo, da fare storcere il naso a chi ama la trama rigorosa.
Ma che ci frega? Ci sono i mostri!
Siamo lontani dall’introspezione psicologica, semplificata nella domanda “i mostri sono tali in quanto tali o siamo noi a giudicarli così in quanto diversi?”, fino alla pallosa autocritica, che sinceramente ha rotto i coglioni, come in tante storie di Dylan Dog de: “i mostri siamo noi che non capiamo il diverso che c’è nel mostro” (fiirulì, firulà…speriamo non ci siano fan di Dylan Dog nei paraggi…)
Niente di tutto questo. I mostri sono mostri. Creature aliene con in mente di distruggerti, mangiarti o riprodursi. E se proprio hai sfiga, riprodursi mangiandoti!
Niente spazio per fini tentativi di comprendere la diversità del mostro. La domanda qui è: sopravviviamo noi o loro? E niente drammi morali se si uccide l’ultimo esponente di una millenaria razza intergalattica!
E allora, chi sono i mostri?
E perché in quest’ultima frase sembra che mi rimangi tutto quello che ho appena scritto?