Come si crea un destino

L’umanità da sempre si gingilla con domande sul destino, se esiste o non esiste, e chi ne sia l’artefice.

Penso che alla fin fine, tutte le domande siano lecite. Tanto sono sbagliate.
Vuoi sapere cos’è il destino? Eccone un esempio.

Conosco due ragazzini, fratello e sorella. Lui più piccolo, lei di poco più grande.
Lui problematico, casinaro, incapace di concentrarsi e stare fermo mezzo minuto in classe se non viene seguito ogni ora.
Lei tranquilla,  ma ansiosa, con qualche problema di cui lagnarsi tutti i giorni, fin dalla prima mattina. Lei non crea disagio, si lamenta e basta.

Lui disagio ne crea in abbondanza: picchia i compagni, scappa dalla classe, disturba, dice “no” per partito preso, anche quando è chiaro a tutti che vorrebbe dire sì.

Lei è tranquilla, ma ogni mattina ha qualcosa che non va.

Lui ha dei problemi ed è seguito. Lei è quella “che si lamenta sempre”.

Lo è per i genitori, lo è per gli insegnanti. Un atteggiamento è diventato un’identità.
La domanda qui non è se lo diventerà anche per lei in maniera stabile, ma quando.
Quanto impiegherà questo atteggiamento per diventare un’identità in pianta stabile? Per diventare parte del carattere, per diventare la persona stessa?

Lo vedi, l’inizio del destino?
Non lo crea Dio, il karma, l’universo o qualche entità cosmica che sovrasta la nostra volontà.

Il maschietto ha scelto la via della contestazione. Mi ribello, dunque sono. Faccio casino, quindi guardatemi.
Lei ha imboccato l’altra via. Mi lamento, quindi occupatevi di me.
Nessuno dei due l’ha davvero scelto. Nessuno dei due capisce che cosa ha fatto.

Questo non è ancora un destino. Perché loro sono ancora piccoli, tutto sommato. Il destino si può correggere.

Ma che fa il mondo degli adulti?
Quel mondo più forte di loro, quel mondo da cui cercano attenzioni, quel mondo così autorevole da trasformare in realtà un’idea, quel mondo sta al gioco, anziché rifiutarlo.

Il mondo attorno gioca al loro stesso gioco. Tu sei casinaro, ma con problemi. Tu invece sei una lagna.
Che ci siano differenze importa poco. Chi fa casino si fa notare e sei costretto a risolverlo il problema. Chi si lagna invece lo si evita senza tanti complimenti.
Cosa cambia? Quando il primo andrà oltre l’età dell’aiuto d’ufficio, sarà un rompicoglioni, ma senza più problemi. Lei rimarrà una lagna.

E il mondo?
Il mondo ha la memoria corta. Una volta che i bambini saranno adulti (o anche solo ragazzi), di quel concorso di responsabilità nella formazione delle loro identità, se ne dimenticherà. Come non fosse mai esistito.
E dirà loro: tu sei un rompipalle, tu una lagna perenne. E ora sono cazzi vostri.

Questo è il destino.

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