Cercasi Paolo disperatamente

Terza parte. Prima parte qui. Seconda qua. Intermezzo .

Come dicevo, colazione in alta quota fra il cielo azzurro e le pecore belanti ti fa sentire un altro.
Ti svegli più sereno, in pace con l’universo e disposto a una conversazione arguta e profonda, che a valle non faresti con il primo che ti capita.
Fra un biscotto e una cioccolata, siamo intenti a stabilire se sia meglio l’Oki o la marijuana. Io difendo l’Oki, Giovanni la maria. Dopo attente e ponderate riflessioni propendiamo tutti per la seconda. Ah, la montagna! È davvero ispiratrice.
Quasi in orario sulla tabella di marcia stabilita da Davide, la truppa si sveglia.
Io lo trovo ammirevole, andare in montagna e riuscire a programmarsi, senza scadere nell’ossessione. Se non sai cos’è l’ossessione, non hai mai assistito a una scena come quella sotto.

«Cazzo, [Nome di una Divinità a scelta]+ [Nome di un animale a scelta]! Ho detto di partire alle 8.00!»
«Ok, ma sono solo le 8.05!»
«Porco [Nome di una divinità a scelta], quei 5 minuti sono fondamentali per arrivare in cima a mezzogiorno e fare una foto alla croce con il sole perfettamente sullo zenith! Cazzo!»

Non capirò mai il montanaro ossessionato dall’idea che DEVE arrivare in cima. D’altronde, lui non capirà mai me. Segue scena anti-ossessiva.

Bivacco Roberti. L’amico mio ed io lo  dividiamo con 3 anziani montanari, alpinisti vecchio stampo. E anche un po’ scazzati, che il giorno dopo si svegliano alle 4.30 per andare in Presanella. 4 ore all’andata, circa 6 per tornare a valle.
«Voi a che ora vi svegliate ragazzi?» chiede il vecchio.
«Mah, boh, non so.» rispondo io «Vediamo domani. Quando ci pare.»
Una nuvola temporalesca di furore e disprezzo gli passa sul viso e minaccia di scatenare una bufera.
«Ma domani dove andate?» insiste lui. Ma che cazzo insisti? Ti vuoi proprio far del male? «Salite? Scendete?»
«Mah…boh…» son sempre io «Vediamo domani come butta. Dipende anche da quando ci svegliamo…»
Si arrende. E si limita ad odiarmi.
È inutile: non ci capiremo mai.

Insomma, la mattina passa via tranquilla, fra discorsi lisergici e hit parade di chi sia il cantante morto a 27 anni che ci piace di più.
Il sonno mi passa abbastanza in fretta, a contatto con l’aria frizzantina della montagna. Colazione a biscotti, conditi con l’immancabile pasta fredda e poi via, su in cammino!
L’itinerario è stato stabilito la sera prima, fra Davide, l’amico mio e me.
Davide è il leader del gruppo, uno che vorresti sempre avere accanto a te in montagna. È super organizzato, sa sempre cosa fare, cosa e quanto portare.
E poi voglio dire: ha la cartina Kompass.
La cartina Kompass è il santo Graal del montanaro organizzato.

La cartina Kompass non mente mai!
La cartina Kompass non mente mai!

Chi dice che in montagna siamo tutti uguali sta mentendo sapendo di mentire. Sotto l’identica patina di sudore che, oltre i duemila, accomuna umani e capre, si nasconde la più bieca stratificazione sociale che sia mai esistita.
Al livello zero ci sono i Cittadioti, i paria delle altezze. Gente che si stupisce del fatto che le scale mobili per arrivare in cima alle torri del Vajolet non siano ancora aperte e che alla parola “montagna” associano all’istante “abbronzatura”, “Iphone 5” e “Instagram”.
I Senza Cartina sono a un livello superiore. Sono semi organizzati, nel senso che hanno una vaga idea di quando partire, dove arrivare e forse quando. Ma forse. Raramente si perdono, perché i sentieri in Trentino sono segnati molto molto bene (sia lode al C.A.I.). Rifiutano di mettersi la crema solare, adducendo il fatto che in montagna faccia fresco. Poi muoiono fra i tormenti nei giorni successivi. Io faccio parte di questa eletta schiera.
Al terzo livello troviamo i Cartinati come Davide. Umani che usano il cervello anche per andare in montagna. Curioso, no? Hanno la cartina, rigorosamente Kompass, sanno quando partire, dove andare e quando arrivare. Si sono spesso organizzati prima e non durante o addirittura dopo. Hanno tutto quello che serve loro e spesso anche di più. Se li incontrate e sta per piovere, probabilmente siete salvi. Se li incontrate e avete finito i viveri, un sorso d’acqua o di tè caldo non ve lo leverà nessuno. Se non li incontrate sono cazzi vostri.
L’ultimo livello umanamente concepibile sono gli Alpinisti. Gente che si sveglia alle due di notte per vedere l’alba a tremila metri, con un’attrezzatura così tecnica che sembra uscita da Star Trek e in cui solo i lacci delle scarpe costano quanto la mia auto, prima che rifacessi la fiancata sulle pareti del garage.
Ci sarebbe anche un’ultima categoria, ma non ha né nome, né etichetta e molti dicono che sia solo una leggenda di montagna. Gente che scala l’Himalaya a mani nude, dorme in mezzo ai Grizzly per scaldarsi e mangia renna cruda a colazione. Ma questi, state pur sicuri, ammesso che esistano, non li incontrerete mai.
Fra un livello e un altro subito adiacente c’è un vago senso di sopportazione e talvolta anche di rispetto. Se saltiamo di due, non c’è speranza: un Alpinista vedrà sempre con disprezzo un Senza, così come i Cartinati sputeranno in faccia ai Cittadioti.
In realtà ci sono le eccezioni. Ai Cittadioti ci sputiamo in faccia più o meno tutti: gente che pretende di salire in quota con le espadrillas merita di essere sepolta dalla frana che ha appena provocato. Anche i dissidi fra i livelli possono essere più o meno intensi, a seconda di quanto sangue trentino o alieno scorra nelle vene di chi va in montagna.
Davide era un Cartinato e pure veneto: un ottimo presupposto per una salda collaborazione.

Ora, mi dirai te: chiunque si può comprare una cartina Kompass. Persino il sottoscritto potrebbe. Vero.
Come anche pensare ad organizzarmi prima, anziché durante o dopo. Poi però mi toccherebbe imparare a leggerla quella cartina e perderei un sacco di tempo, che perdo invece per guardarmi in giro e cercare di capire dove sono. E quando non lo so, chiedo a qualcuno. E se non c’è nessuno, e la segnaletica di CAI e SAT non dovesse essere adeguata, sono nella merda.
Però finora non mi è mai successo. Che culo!
Insomma, Davide, in quanto possessore di cartina, è depositario di una conoscenza superiore.
E così, la sera prima, quando ci dice: vorrei andare all’altro bivacco e poi tornare giù da qui (e indica un sentiero tracciato sulla mappa), io non ho dubbi. Domani si sale a 2.600 metri e poi si scende dall’altro sentiero. La cartina Kompass dice che è semplice. La cartina Kompass non mente mai.

Tabella di marcia per la domenica:

  • 9.00: sveglia
  • 11.00: partenza
  • 11.30 breve sosta alla forcella, a godersi il panorama.
  • 13.00: arrivo al bivacco in quota, e pranzo
  • 16.00: arrivo in valle e fine della gita.

Tutto chiaro e semplice.

Ecco come vanno realmente le cose.
Ore 9.00: siamo tutti svegli, vestiti, lavati, colazionati.
Tranne le 3 dell’Ave Maria, che ronfano beatamente, nonostante qualcuno gli abbia piazzato l’Iphone con Ligabue a tutto volume sotto il naso. Grave errore! A me Ligabue aiuta la diuresi, ad altri può favorire il sonno. Cacca o nanna. Mai saputo che servisse ad altro Ligabue.
Infine partiamo, non ricordo più a che ora.
12.00 circa: siamo alla forcella. Breve sosta per fare quelle due o trecento foto e ammirare il panorama.
Un’ora dopo ripartiamo. Andiamo lungo un sentiero che costeggia la montagna e che si mantiene quasi sempre sulla stessa quota. Sotto c’è il vuoto e le mie vertigini cominciano a volersi prendere il loro giusto spazio.
Mi faccio un bel pezzo con un simpatico attacco di panico a singhiozzo.
Respira, guarda avanti, non guardare sotto. Respira.
Il mio mantra per quella camminata.
I Nove, essendo un mix fra Cartinati e Senza, non sparano i giudizi che avrebbero sparato gli Alpinisti. Non gliel’ho detto, ma ne sono stato immensamente grato. Già è brutto a ogni passo pensare che potrebbe essere l’ultimo e che potresti rotolare a valle in ogni istante, se poi alle tue spalle c’è qualcuno che sussurra “che palle! Speriamo che finisca in un crepaccio, così ce lo leviamo dai coglioni”, non è davvero il massimo. Brutta bestia le vertigini.
Saliamo. Poi scendiamo. Poi risaliamo ancora. L’ultima salita, l’ultima fatica prima di arrivare in cima, al bivacco da alpinisti, a 2.600 metri e qualche cosa.
Il bivacco è su una forcella, in cresta. Davanti e dietro le due cime e sui lati, la valle scende a picco. Nonostante le vertigini assaporo il panorama. Rocce, rocce ovunque, senza un filo di vegetazione, rocce aguzze e frastagliate, tagliate da mani non umane secondo schemi che non tengono conto di correnti di pensiero, di idee e concetti, di preconcetti sull’estetica e sul bello.
L’opera d’arte che nessuno ha progettato è la più bella al mondo.
Non ho visto il Louvre, ma me ne fotto. Sono qui, dove l’uomo, per quanto riesca ad arrivare, ancora non lascia la sua orma in profondità, a parte l’immancabile croce nel punto più alto che si possa immaginare. Ma quella ormai fa parte del paesaggio.
Sono qui, dove tutto esiste e basta.
Le nuvole si addensano. In lontananza, ma neanche tanto, i tuoni rincorrono sempre più veloci i lampi. Da qualche parte piove. Pioverà anche qui.
E noi facciamo una scoperta. Il sentiero per scendere non c’è. La cartina Kompass ci ha mentito. Un intero universo di riferimento crolla e, nel vuoto che si crea, quale altro ne potrà prendere il suo posto?
Dubbi, indecisioni, rabbia. Paura. Tentiamo la via della montagna, come novelli Gandalf sul Caradhras? Scendiamo da dove siamo appena giunti? Attendiamo che la pioggia arrivi, stipati nel bivacco d’alta quota?
Finché, mentre ancora si decide, qualcuno non domanda:
«Senti, ma Paolo?» Paolo? Oh, merda!

Vuoi vedere che è rimasto giù al bivacco Sief?

4 Risposte a “Cercasi Paolo disperatamente”

  1. Ho bisogno del continuo, sul serio, ho già una crisi di astinenza! XD
    E’ un’ottima guida di sopravvivenza, soprattutto per una cittadiota come me XD
    Inizio a leggere il secondo pezzo e vedo che ne hai postati altri due e allora mi dico “vabbè ne leggo uno ora faccio i mestieri e poi continuo con gli altri…” macché, tu prendi per la collottola il lettore e lo obblighi a diventare dipendente dai tuoi scritti! 😀
    Attendo il finale! 🙂

    “L’opera d’arte che nessuno ha progettato è la più bella al mondo.” Stupenda questa frase!

  2. Mi fa piacere che tu abbia colto, in quella frase c’è un intero mondo per me. Fra la cagate, ogni tanto ci piazzo dentro anche una cosa seria.
    La prossima parte sarà l’ultima. Grazie di avermi seguito fin qua.

  3. Aahhh!!! E’ troppo esilarante questa classificazione degli “scalatori di montagna” con tanto di spiegazione, lucida e dettagliata, delle caratteristiche peculiari di ciascun gruppo!
    E’ un autentico mini saggio sociologico che fotografa la reale evoluzione di questo tipo di viaggiatori. Da ora in poi, ogni qual volta capiterò in montagna, – ma io non sono una scalatrice, sia chiaro – non potrò fare a meno di fissare la gente che incontrerò, domandandomi: – Questo sarà un Cittadiota o un Senza Cartna? Non ha l’aria di essere un Cartinato, ma chissà… potrebbe pure essere un Alpinista in incognito.

    A parte gli scherzi, il pezzo ha un ritmo serrato che non viene mai meno. L’ironia è onnipresente, ma s’inserisce in una narrazione fluida e non stona affatto con questo genere di racconto che potremmo definire “di viaggio”.

  4. Ah, ora ti riconosco! Non che non abbia apprezzato anche l’altro commento, ma cominciavo a pensare che un’entità aliena ti avesse sostituita, come nell’ Invasione degli Ultracorpi…
    Sono contento di averti fornito un’utile guida per districarti nel complesso mondo dell’alpinismo. E ti svelo un segreto:gli alpinisti non sono MAI in incognito, spesso nemmeno quando scendono a valle…
    Alla prossima!

I commenti sono chiusi.

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